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SALIMBENE DE ADAM

Religioso dell'ordine dei Frati Minori, nato a Parma nel 1221 e morto a Reggio Emilia nel 1287, ci ha lasciato diverse cronache, insieme a descrizioni di personaggi illustri. Egli raccolse anche numerosi proverbi e racconti delle terre in cui si trovò a vivere la sua missione religiosa.

In una "Chronica" esposta sotto forma di diario, ricorda il tremendo terremoto che devastò Brescia il 25 dicembre 1222 la città di Brescia. Egli riferisce le parole di un suo contemporaneo e il ricordo che gli fu tramandato dalla madre.


IL TERREMOTO DI BRESCIA


L'anno del Signore 1222 furono abbattute le mura della città di Imola dai Bolognesi e dai Faentini e le porte di quella città furono trasportate nella città di Bologna.

E nello stesso anno, nel giorno della natività del nostro Signore Gesù Cristo ci fu un fortissimo terremoto nella città di Reggio, intanto che Nicola vescovo di Reggio predicava nella chiesa maggiore di S. Maria. Questo terremoto fu per tutta la Lombardia e la Toscana.

Fu chiamato terremoto di Brescia, perché qui ebbe più forza, tanto che i Bresciani usciti dalla città abitavano al di fuori nelle tende, in modo che gli edifici non crollassero sopra di loro. Molte case, torri, castelli dei Bresciani crollarono a causa di quel terremoto.

I Bresciani si erano così abituati a quel terremoto che, quando la cima di di qualche torre o casa cadeva, guardavano e ridevano clamorosamente. Perciò si disse in versi così:

Correvano gli anni milleduecentoventidue, o Cristo,
dopo che prendesti corpo,
facesti tali miracoli, o re benedetto:
una stella cometa brillò alla fine di agosto.
In settembre la pioggia sommerse viti e uva
e distrusse case come fosse un fiume travolgente.
E la luna subì un'eclisse nel mese di novembre.
Nel Natale del Signore, quasi a metà del giorno
la terra emise un gemito ruggente e tremò ripetutamente;
i tetti caddero, le città si sconquassarono, e i templi crollarono,
le mura resero inanimati molti uomini.
Brescia funesta soprattutto oppresse gli abitanti;
i fiumi d'improvviso cambiarono il corso alle sorgenti.

Mia madre raccontava ancora che al tempo di questo terremoto dormivo nella culla, lei stessa prese le mie due sorelle, una sotto l'ascella -erano infatti piccole- e abbandonato me nella culla corse alla casa di suo padre e sua madre e dei suoi fratelli. Infatti temeva, come diceva, che il battistero cadesse sopra di lei poiché la mia casa era lì vicino. Per questo motivo non l'amavo così francamente, perché doveva occuparsi prima di me, maschio, che delle figlie. Ma lei diceva che loro erano più adatte da portar via con sé, siccome erano già grandicelle.



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