Dall'alto:
rotore turbogas modello "V64.3" in lavorazione presso lo stabilimento Ansaldo Energia di Genova, anni Novanta;
ciminiera della centrale di Rijeka (Fiume) di realizzazione Ansaldo.
Sopra: turbina per la centrale termoelettrica di Turbigo a Sampierdarena (Genova) in costruzione presso le officine Ansaldo.
Modello di centrale termoelettrica a gas progettata dall'Ansaldo per l'impianto di Mars el Hadjadi (Algeria).
Sotto, dall'alto:
turbina ed alternatore della centrale termoelettrica di Salionze sul Mincio (Verona), anni Ottanta;
la diga di Barcis (Pordenone), 1950.
Nel 1960, su una produzione annua totale di elettricità di 56 miliardi di kWh, oltre 46 miliardi erano ancora di origine idroelettrica. In questi anni, a fronte di una domanda crescente, e nell'impossibilità di aumentare il potenziale idroelettrico, venne fatta la scelta
delle centrali termoelettri-
che alimentate da idrocarburi,
che nel 1973 arrivò a coprire i tre quarti del fabbisogno energetico italiano. Anche dopo gli aumenti del prezzo del greggio degli anni Settanta, gli idrocarburi (petrolio e gas) continuarono a mantenere una posizione predominante, coprendo nel 1990 il 65% di un totale di 215 miliardi di kWh.
Nel 1962 era stato istituito l'Enel (Ente nazionale per l'energia elettrica) che si affiancò agli altri due colossi pubblici, l'Iri e l'Eni. La politica energetica nazionale non cambiò in modo significativo e le molteplici sperimentazioni nel campo delle energie alternative, ad opera principalmente dell'Enea – erede del Cnen – non si tradussero in risultati industriali apprezzabili; lo stesso vale per i tentativi di risparmio energetico. Abbandonati i progetti di autosufficienza nazionale, una quota significativa del fabbisogno venne coperta con l'importazio-
ne di elettricità dai paesi confinanti.