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faceva a sparare sul popolo. Un cittadino in quella fazione cadeva morto, un altro gravemente ferito.
Quel tradimento portò al colmo l'inasprimento del popolo, e sebbene soltanto otto o dieci cittadini vi si trovassero muniti di schioppi, parte dei quali anche in mal essere, scambiarono ciò nonostante alcune fucilate. Taluni corsero ad avvertire di questo fatto i corpi-franchi che si trovavano sul ronchi, e li eccitavano ad accorrere in soccorso dei cittadini; ma quelli avevano ordine da un membro dei Comitato segreto, che li aveva assoldati, di non muoversi fino ad un suo cenno, ed infatti non si mossero.
Venuta la sera, la citata guarnigione dello spedale di Sant'Eufemia faceva una sortita, e dopo scambiate alcune fucilate con tre cittadini armati che trovavansi a Torrelunga, si avviava al castello conducendo seco molti ammalati che si trovavano in grado di fare quel tragitto. Anche i gendarmi in quella sera riparavano in castello, abbandonando la caserma di Sant'Urbano. Così aveva fine il 23 marzo. Durante il medesimo, dal castello non si erano vomitate sulla città che cinque bombe, le quali avevano prodotta qualche ruina alle case, ed accresciuto l'entusiasmo dei cittadini; ma la sera il comandante, con un suo dispaccio diretto al Municipio, ordinava la riconsegna fra due ore del comandante di piazza e di tre ufficiali che diceva smarriti nella sommossa, sotto comminatoria, mancando, di bombardare la città. Il Municipio rispondeva che il comandante di piazza era nelle mani del popolo, non si sapeva dove, ma essere certo del suo buon trattamento, e che non era a sua cognizione lo smarrimento degli ufficiali; Pregava di sospendere il bombardamento, promettendo d'interporsi presso il popolo per la riconse