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gna del comandante di piazza. La risposta veniva affidata ad un manuale muratore, di cui lo stesso comandante erasi servito per far pervenire il suo dispaccio; ma sia che quel messo non la consegnasse, o che quel comandante non ne fosse soddisfatto, al punto della mezzanotte fulminava la città con fiero bombardamento. La maggior parte dei cittadini non conosceva la minaccia del comandante del castello, e quelli che ne erano informati erano poco persuasi che la volesse eseguire, per cui la città giaceva nel sonno, e soltanto poche guardie cittadine vegliavano pattugliando. Il fragore del bombardamento svegliava la popolazione, e quella sorpresa fra le tenebre della notte destava in lei un momentaneo fremito, che subito per molti cambiavasi nel più festevole entusiasmo patriottico. Gran parte della gioventù accorreva al Municipio ed al teatro, che serviva di caserma delle guardie cittadine, chiedendo armi, e siccome non se ne avevano, erravano per la città in piccoli drappelli, muniti di bastoni, di spiedi, di forche e d'altri istromenti che in qualche modo potessero offendere. Quasi tutta però era gente del popolo. Frattanto le canzoni patriottiche, le grida di viva l'Italia e fuori i lumi per invitare i cittadini ad illuminare la città, si confondevano nell'aere col fragore del bombardamento, e producevano sugli animi, specialmente dei giovani, quelle sensazioni per cui l'uomo s'innalza a tutta la sua dignità, e persuaso di essere destinato a missioni ben diverse dalle passate frivolezze, non vagheggia che il pensiero di compiere il proprio dovere, e sente il cuore aprirsi ad una gioia più pura, più nobile e più intensa che non provò giammai. Il bombardamento durava per due ore, e cessava ai primi tocchi delle campane che suonarono a stormo in tutti