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e Cassola accettavano l'incarico di dirigere da soli il Comitato finchè venisse loro aggiunto qualche altro compagno; ciò che non ebbe mai luogo. Si mettevano tosto all'opera, si dichiaravano in seduta permanente, e spedivano emissari per le campagne onde raccogliere armi ed armati, essendo determinati di concentrare in città tutte le forze della provincia onde formare un esercito che servisse, non solo alla difesa di Brescia, ma benanco ad infestare il nemico, ove fosse costretto a ritirarsi nelle fortezze. Sia però che i contadini si ricordassero del cattivo trattamento che avevano avuto l'anno scorso dal Governo Provvisorio, quando pieni di entusiasmo erano accorsi in armi a difesa della città, sia che il cattivo esito della precedente rivoluzione li avesse sconfortati, e poco sperassero nella guerra del Piemonte, con molta difficoltà da tutta la provincia si ebbero poche centinaia di armati. Per non comprometterli maggiormente, taccio ora i nomi di quei paesi che diedero dei difensori alla patria, ma a suo tempo brilleranno i loro nomi per bella fama, ad ignominia di quelli che vilmente rimasero nell'inerzia. Erasi però accorto il Comitato di difesa che tale ignominiosa inerzia di quasi tutti i comuni proveniva in gran parte dalle Deputazioni comunali, composte di solito di individui che, o per l'età avanzata mancano dell'entusiasmo e del coraggio più proprio della gioventù, o per egoismo trascurano la causa della patria per timore di compromettere le loro persone o i loro averi, in caso di invasione del nemico. Per rimediare a tale inconveniente, il Comitato stesso avea disposto di instituire in ogni distretto un Comitato di difesa, composto dei giovani i più intelligenti ed entusiasmati di patrio amore, accordando loro poteri illimitati, colla sola dipendenza dal Comitato di difesa in Brescia;