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licenziava con modi inurbani quel povero medico, dicendogli che per trattare con lui dovesse la città mandargli una deputazione di cittadini. Non perchè si credesse che vi fosse qualche probabilità di convenire coll'Austriaco, ma per non lasciar nulla d'intentato che potesse risparmiare l'effusione del sangue, veniva mandata una Deputazione di tre distinti e benemeriti cittadini, cui si aggiungeva il medico militare suddetto. Questi trovavano quel corpo nemico accampato a Sant'Eufemia, distante tre miglia dalla città, e presentatisi al generale, lo stesso intimava loro che Brescia dovesse distruggere le barricate, deporre le armi ed arrendersi a discrezione.
Riportata da quella Commissione l'arrogante proposta del generale austriaco, il Comitato di difesa, fatto calcolo che, sebbene non fossero arrivati che in parte i fucili provenienti dal Piemonte e destinati per Brescia, si avevano ciò non ostante circa duemila armati, oltre il vantaggio delle barricate e dell'entusiasmo, che andava di mano in mano crescendo, abbracciava senz'altro il partito di sfidare l'Austriaco. I rappresentanti del Municipio però che quivi si trovavano si mostravano, perplessi; ma siccome erano fra i più coraggiosi del corpo Municipale e vedevano, d'altra parte, l'inflessibilità del Comitato che tutt'al più accordava che si rimettesse la decisione al popolo, vi si uniformavano. Pubblicate al popolo dal balcone le esigenze del generale austriaco, prorompeva in grida di guerra e di sfida al nemico. Allora il Comitato di difesa scriveva al generale austriaco la seguente lettera: