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meno di quello che si aspettava da un bombardamento continuato con tanta insistenza per quattro ore. Sul finire della lotta erano state lanciate delle grosse palle di sasso invece di bombe, una delle quali, di smisurata grossezza, fu portata al Comitato, per cui ragionevolmente si credeva che la guarnigione del castello difettasse di tali materiali da guerra. Quattro bombe erano cadute sull'ospitale civile, destando grande spavento e danno agli ammalati e generale indignazione nei cittadini, per cui il Comitato diffidava il comandante del castello che ad ogni bomba che avesse colpito ancora l'ospitale si sarebbero uccisi dieci degli infermi militari che avevamo in nostro potere. In seguito a tale intimazione quel sacro luogo fu sempre rispettato (1).
La sera che susseguì a tale lotta fu un vero tripudio per Brescia. Non era la gioia frivola, ricercata dei giorni di fiera. Era il sentimento della propria dignità che esaltava i cuori, il convincimento d'aver adempito ad un sacro dovere che dava vita all'anima e la inebriava di piacere. La città veniva illuminata. Il Comitato di difesa aveva rilasciati dei boni ai capi-posti perchè provvedes-
(1) Alcuni giornali austriaci si scatenarono contro il Comitato di pubblica difesa in Brescia tacciandolo di selvaggia ferocia, per avere, come dicevano, fatti massacrare gli ammalati militari e gli altri prigionieri di guerra. Sappiano però quei satelliti dei dispotismo che gratuitamente lanciarono tali imputazioni, che il Comitato ed il popolo bresciano non attinse la sua politica alla malvagia scuola di Casa d'Austria; e sebbene nelle corrispondenze co' propri aggressori minacciasse qualche volta l'esterminio dei prigionieri di guerra, nol fece che per tentare con tale mezzo di rimuovere i bombardatori dai loro progetti di distruzione, ma in realtà i prigionieri furono trattati con tutta l'umanità. I Bresciani non sono croati.
(Nota dell'autore.)