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stizio Chrzanowski, e ritirarsi senza ulteriore ritardo oltre l'Adige.
Anche il Comitato di difesa ed il Municipio erano in questo pensamento, perchè punto non dubitavano della verità di quel malaugurato armistizio, che veniva sempre più confermato anche da lettere private.
Non per questo però si arrestava il Comitato di difesa dal predisporre tutte quelle misure che potessero salvare la città da un nuovo assalto. Fino dal giorno 25 aveva mandato un espresso al generale piemontese La Marmora, che trovavasi a Parma con ventimila uomini, mettendolo al fatto della rivoluzione di Brescia, ed avvertendolo inoltre che duemila prigionieri piemontesi dicevansi a Lodi con poca scorta; che i Bresciani avrebbero pensato a liberarli, ove avessero tenuto lo stradale degli Orzi nel tradurli alle fortezze, mentre a lui sarebbe riuscito facile il farlo, ove avessero tenuta la strada di Cremona. La Marmora rispondeva seccamente al Comitato che non si poteva muovere, e pensasse Brescia a difendersi da sè, senza fare un cenno di simpatia per la città, nè una parola sul modo di liberare i prigionieri piemontesi. Ad onta di ciò, nella notte del 30 essendo stato comunicato al Comitato che lo stesso La Marmora trovavasi a Cremona, mandava un espresso per sollecitarlo a portarsi su Brescia onde far rispettare dai barbari nostri nemici l'armistizio Chrzanowski. Non si potè conoscere l'esito di tale missione, ma ognuno s'immagini cosa potesse rispondere il bombardatore di Genova.
Nella stessa notte del 30 al 31 marzo, proveniente da Verona senz'alcuna scorta, ad ignominia dei paesi che gli lasciarono libero il passo, marciava sotto le mura di Brescia il generale Haynau, e riparava in castello per