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dine si trasportasse la somma presso di lui; lo seppe il popolo e si indegnò; s'indegnò ancor maggiormente perchè i convalescenti militari avevano insultato per la via i cittadini. Il popolo voleva quindi che la somma non si trasportasse, e che gli insulti non si ripetessero. Ciò chiese con energia ed insistenza al Municipio, al cui palazzo erasi portato in folla verso le due ore pomeridiane.

In quel mentre il signor Pomo, comandante di piazza, unitamente al signor Canali, appaltatore dei viveri, attraversarono la calca e si presentarono al Municipio per ripetere la somma. Quest'atto tolse ogni ritegno ai cittadini. Alcuni della folla, penetrati nella sala dei Municipio, afferrarono il signor Pomo, e lo avrebbero mal concio se il signor Sangervasio e altri non si fossero adoperati a tutta possa per salvarlo. Intanto si ottenne da lui un ordine spiccato al direttore degli spedali militari perchè consegnasse ai cittadini tutti i fucili ivi esistenti affinchè servissero all'armamento della guardia. Ma i cittadini presentatisi con quell'ordine all'ospedale furono ricevuti a colpi di fucili, e il fuoco durò sino ad ora avanzata. Poichè fu così impegnata la lotta, alcuni carri di trasporto con viveri, mentre avviavansi al castello, furon presi dai cittadini, e furon fatti prigionieri i soldati che scortavano il convoglio. I gendarmi, che avevano un posto là presso, nel palazzo Broletto, uscirono e spararono contro il popolo. Questi, all'insaputa del Municipio, s'impadronì del comandante di piazza, e lo consegnò ai disertori che trovavansi sui ronchi intorno a Brescia.

Esisteva in Brescia un Comitato segreto insurrezionale, che corrispondeva direttamente col Comitato d'insurrezione in Torino, e per suo mezzo col Governo


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