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sardo. Il Comitato bresciano aveva ricevuto ordine d'incominciare l'insurrezione il giorno 20, o al più tardi il giorno 21; aveva inoltre l'assicurazione che eransi spedite a Brescia armi, munizioni e denaro. Armi e munizioni erano già avviate a Brescia, ma non erano ancor giunte. il Comitato però era stato provvisto di circa 18,000 franchi, e con questi ed altri denari di privati si disposero in segreto circa 400 fucili e 20,000 cartuccie, zappe e leve di ferro e scuri e quanto poteva occorrere pel taglio di ponti e per l'asserragliamento delle strade. Ma poichè non era ancora giunto il maggior carico promesso, il Comitato si tenne pago di predisporre ogni cosa, riunì e stipendiò più di 400 uomini sui ronchi, e sino al 23 non diede il segnale dell'insurrezione.

Il 23, vedendo pei fatti da noi narrati che l'insurrezione non potevasi più trattenere, fece conoscere gli ordini avuti, ed assecondò il moto spontaneo del popolo.

Verso sera, dal castello si spararono cinque colpi di cannone sulla città. I cittadini si prepararono tosto per una valida difesa dando mano a tutte le armi che tenevano. Poichè i ricchi paurosi e la dubbia aristocrazia eransi assentati dalla città, poichè al Municipio sedevano uomini amati dal popolo, creati da lui, grande era la confidenza, e la risoluzione generale.

Col favore delle prime tenebre il corpo di gendarmeria, non credendosi sicuro in Sant'Urbano, passò in castello. Verso le dieci della sera dello stesso giorno 25 si presentò al Municipio un manuale muratore con un dispaccio del comandante del castello, che ordinava la restituzione del signor Pomo e quella di tre altri ufficiali, da lui pretesi smarriti nella sommossa. Intimava che se fra due ore la riconsegna non fosse avvenuta,


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