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evangelici e cavallereschi, e finì nauseata dal vaniloquio delle fazioni, dall'inettezza de' governi, e dalle cabale strategiche, non avea lasciato dietro di sè che memorie avvelenate ed inestricabili dissidii. L'Austriaco, mostrandoci le ruine de' sobborghi milanesi incendiati da mani fraterne, e divulgando studiosamente i vituperii delle fazioni, e quasi compiangendo le intemperanze della natura italiana, veniva astutamente instillandoci il disprezzo di noi medesimi. Gli stranieri, e più di tutti i Francesi, che non volevano darci tempo nè diritto di chiamarli falsatori di lusinghe e violatori di promesse, ci sentenziavano plebe tumultuaria e discorde, immatura a libertà. I Piemontesi, che col ritirarsi a dirotta in meno di dieci giorni dal Mincio al Ticino, attraverso l'attonita Lombardia, avevano sbalorditi i popoli e spezzate essi stessi le barricate salvatrici, riempivano il mondo di querele per la tiepidezza e per la viltà de' Lombar


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