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dio universale, trovasse pericoloso tanto il combattere, quanto il ritirarsi. Ma questo diviso venne a risolversi in nulla pel puntiglio dei capi di guerra piemontesi, che vollero intimare la cessazione dell'armistizio, comunque essi stessi confessassero che gli Austriaci ne avevano violati svergognatamente e più volte i patti.
Data agli Austriaci cogli otto giorni di disdetta ogni abilità di concentrarsi, l'insurrezione lombarda doveva di necessità riuscire secondaria; essendo evidente che, posti a fronte i due eserciti interi come in prefissa arena, la fortuna della guerra sarebbesi decisa in una battaglia campale. Ma ancora molto rimaneva a fare ai fuorusciti ed ai popoli lombardi: rumoreggiare alle spalle e sui fianchi dell'esercito nemico, interciderne le comunicazioni colle fortezze, preparare libero qualche punto stilla sinistra del Po per agevolare il passo alle divisioni La Marmora e D'Apice, che scendendo dall'Appennino accennavano a Mantova; portare il grido di guerra sulle soglie di Verona e nel Tirolo, e di là dar mano ai Veneti, i quali poi dal Cadore e dalle Lagune avrebbero potuto correre su Padova e su Treviso, minacciare Vicenza, e congiungersi colle truppe della Repubblica romana, che venivano a campo tra Ferrara e Bologna.