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cora sbollito questo primo moto, che in mal'ora capitarono al Municipio il comandante di piazza ed il commissario dei viveri per toccare la somma: la folla gli serrò d'appresso e, riversatasi nelle aule municipali, gli avrebbe spacciati senz'altre commedie, se non era un Maraffio, popolano audacissimo e caporione dei macellaj, che pregatone dal Sangervasio si prese i due male arrivati sotto il braccio, e gridando ch'ei ne rispondeva sulla sua testa, con piglio minaccievole si schiuse il passo tra la folla, e condusse i prigionieri fuori delle porte sui Ronchi, dove, come soleva dire il popolo bresciano magnificando col desiderio le cose, era il campo del generale Boifava, cioè dove erano appostate le bande del curato di Serle.
Il comandante di piazza venuto in mano del popolo, dovette per iscritto ordinare ai suoi di cedere alla Guardia nazionale i fucili dei soldati, che tra malati e convalescenti ne erano quasi ottocento nei due ospitali militari. L'ospitale di S. Luca obbedì; quello di Sant'Eufemia rifìutò e fece vista di difendersi: poi sull'ora bruna quasi trecento convalescenti ne uscirono, e, sgominate o ferite le sentinelle cittadine, si aprirono coll'armi la strada al castello, lasciando i malati alla misericordia del popolo!