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sietà si leggessero quei fogli è più facile immaginarlo che dirlo. Ma i dispacci non recavano cosa d'importanza, e le molte lettere non fecero che crescere l'incertezza. Un ufficiale scriveva al campo: Vincemmo a Mortara, d'un salto entreremo a Torino; un altro scriveva da Pavia: I nostri trascorrono oltre Mortara, mentre noi qui abbiamo a' fianchi integra e minacciosa una divisione nemica. I Bresciani da queste novelle vennero indotti agli stessi pensieri che le medesime novelle avean fatto nascere a Torino, e dovunque si aveva fede nella lealtà dei capi, e nel valore dell'esercito regio; e facilmente si persuasero che gli Austriaci cacciatisi innanzi a tentare un colpo disperato sarebbero stati colti di fianco, rituffati nel Po e nel Ticino, presi alle spalle da Ramorino e da La Marmora. La speranza, la scienza militare e la fede nella giustizia di Dio e nella natura umana rendevano impossibile immaginare altrimenti.
In quella notte giunsero avvisi sicuri che gl'Imperiali si erano mossi da Mantova, e sotto il comando di Nugent correvano a marcia precipitosa sovra Brescia: In fatto all'alba del 26 marzo una colonna di mille uomini con due cannoni sboccò a Montechiari, e di là trasse a corsa verso Rezzato, ove si fermò ad aspettare i rinforzi di Ve