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di soldato e di capitano, e cessata per alcun tempo con sottile accorgimento l'estrema rovina de' suoi. Poiché, quando i nemici calati in folla dal monte incalzavano gli stremati Bresciani verso Santa Eufemia, lo Speri, gettandosi dopo le spalle parte del danaro, ch'egli aveva seco per far le spese alla sua brigata, più volte ritardò la furia dei perseguenti Croati, nei quali, sopra ogni altra considerazione, può l'avidità della preda.
Fu il giorno 28 di marzo gloriosissimo a Brescia, ma soprammodo funesto. Rimasero i nemici ammirati dei valore dei nostri, e quasi inorriditi per la loro sovraumana pertinacia: e dicevano essere i Bresciani più terribili quando cadono, che quando vincono. Ciò che parrà verissimo, se si pensa alla indomabile fierezza dei feriti e dei prigionieri, i quali mai non si umiliarono a pregar la vita, come tutti i soldati fanno in simil caso... E perchè sia chiara l'indole di questa guerra e degli uomini che la combattevano, vuolsi ricordare un fatto, che occorse in questo dì a vista dell'uno e dell'altro campo. Un drappello di dragoni trascinava fuori di Santa Eufemia due prigionieri bresciani. I bersaglieri nostri s'appostarono per pur tentar di liberare i loro compatriotti. Al primo suono delle fucilate