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tuita, vennero a più stretto e deliberato assalto; e per crescer confusione e terrore, mi sero in fiamme molte case in sui Ronchi. Non è a dire quanto per queste bestiali enormezze salissero in furore i Bresciani: che, strappata la bandiera di pace e calpestatala nel fango, gridavano di voler piuttosto seppellirsi colle donne loro e coi figli sotto le rovine della città, che comportare siffatto vituperio. E appunto mentre l'affollata moltitudine consigliavasi confusamente come pigliar vendetta dell'insulto, una grossa bomba scoppiò quasi in sulla piazza; e alcuno, afferratone il più grosso frammento, recollo in mezzo; e su di esso, come sul libro del Vangelo, tutti stesero a gara la mano, così consacrando guerrescamente il sacramento di morire anzi che cedere. Del qual atto tanta fu la nobile fierezza e l'unanimità, che molti, come a religioso spettacolo, s'inginocchiarono, e molti piangevano di tenerezza. In quel calore levossi il grido: Alle porte! Alla sortita! e bisognò lasciarli fare; e il nemico, tra perchè s'avvicinava la sera, tra perchè aveva sperimentato di che sapesse la furia bresciana, si ritrasse verso S. Francesco.

Breve fu la notte ai cittadini già affranti da sette giorni di incertezze, di agitazioni e di battaglie. Il giorno 30 marzo di buon


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