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andò subito voce per la città, e fu maraviglioso il concorso del popolo, che già sperava d'essere venuto al termine glorioso delle sue fatiche. I due gendarmi, che portavano il segnale di pace, furono presi in mezzo dalle pattuglie cittadine e menati al Municipio, ove misero fuori un dispaccio di Haynau. Veggendo la firma del fiero vecchiardo, che per sicura fama sapevasi a Mestre, smemorarono i Bresciani, e molti credettero che il Lescke, disperato d'uscir vivo dalle mani dei cittadini, avesse falsato la firma per ottener col terrore d'un nome ciò che non avea potuto colle bombe: altri cominciarono a sospettar quello che veramente era, cioè che ormai tutto lo sforzo della guerra italiana si riducesse d'intorno alle mura di Brescia. Ma più valse la lettura del dispaccio a rinfuocare gli animi, che tante e sì grandi cagioni di dubbio a tenerli sospesi. Scriveva l'Haynau in forma, che veramente mostrava niuna cosa più desiderare, che di vedere i Bresciani ostinarsi in disperati consigli. Diceva di voler tosto, senza condizione alcuna, la resa della ribellante città: se a mezzodì non fossero levati i serragli e dati i passi alle truppe, s'aspettassero l'assalto, il saccheggio, la devastazione e l'estrema rovina. E queste minaccie che tanto facilmente e naturalmente


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