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dalla ferina caccia de' Croati, i quali, poichè avevano avventate le fiamme ad una casa, postavansi lì presso ad insidiare i soccorrevoli, a ricacciare nel fuoco i fuggenti.
A questo modo predarono e ne menarono come nobile trofeo di guerra le macchine idrauliche, che i pompieri, credendosi privilegiati per legge di umanità, avevano senza alcuna guardia condotte verso S. Urbano.
Poco oltre il mezzo di questa notte indimenticabile si raccoglievano a consiglio i rettori del Comune, chiamandovi i più autorevoli cittadini, e i duumviri preposti alla pubblica difesa. Brevi e rotte parole vi si fecero. Alcuni, allibiti e disfatti, mostrando più colla mano che colla voce l'atmosfera ardente che soffocava la città, pregavano che si cedesse al destino. I più stavano sopra pensiero, come aspettando od ascoltando alcuna interna ispirazione: fuori s'udiva crescere ed avvicinarsi il crepito degli incendii, il rovinìo delle case, il tuonar dei moschetti, il martellare rabbioso delle campane e quello che sopra ogni altra cosa passava il cuore, strida di donne e di fanciulli ed urli come di fiere, che ora parevano dileguarsi lontano, ora finire strozzati, ora scoppiare in sulla stessa piazza del Municipio, secondo che il vento ne portava col