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che Brescia era ancora libera e vigile; piene le vie di soldati, che guidati dal sinistro chiarore degli incendi traevano colle scuri a sfondar porte e botteghe. Il calare nelle contrade portava pericolo di morte; onde, nè si potevano mandare avvisi, nè chiedere consigli, e neppur interporre le supplicazioni presso a' Generali, che, sia avanzo di pudore, sia arte di crudeltà, non si lasciarono quella notte vedere nè trovare. Nondimeno il Municipio, avuti a colloquio i fornitori dei viveri nel castello, provvide tosto che si imbandissero per le vie quindicimiila razioni di pane, vino e salumi. S'aggiunse legna e strame in buon dato. Allora s'accesero per tutta la città i fuochi dei bivacchi, e d'intorno ad essi il tumulto barbarico e le gozzoviglie dei vincitori durarono fino al mattino.
E la lunga agonia di quella notte non fu senza un ultimo raggio di speranza; perchè in sulle undici ore, quando già anche nei più rìposti vicoli di porta Pile era affatto cessata ogni resistenza, i Bresciani, che, sebbene chiusi nelle più remote parti delle loro case, stavano nondimeno vigili a tutti i suoni, come quelli che ad ogni momento aspettavano gli scannatori, sentirono d'un tratto scoppiare e mano mano distendersi poco fuor di città verso ponente una viva