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ciavano di stendersi a tutta la città; nè le violenze dei soldati cessavano. Il Municipio chiese in carità che gli venissero restituite le macchine idrauliche, e l'ottenne. Chiese una guardia pel palazzo di città e pe' suoi impiegati, che più volte erano stati manomessi dai soldati e perfino dagli ufficiali; e anche questo gli fu consentito. Allora si cominciò a rifiatare e a dare qualche provvedimento. Ma troppo più facile era frenare gl'incendii, che ammansare gli animi inferociti dei vincitori: massime con animi si repugnanti alla viltà delle supplicazioni come sono i Bresciani; e con quel soprarrivare ad ogni ora di nuove soldatesche, le quali spargevansi per città a spigolare il saccheggio e la carneficina; e spiando i lamenti delle donne, i gemiti dei feriti, e le voci sommesse che uscivano di sotterra ove si erano rifugiati i più timidi, e sognando in ogni suono l'ingiuria o la minaccia, da tutto cavavano pretesto di forzar le porte e d'insanguinar le mani. E così alcuni che da più giorni si erano rimbucati per le cantine, furono allora malconci o morti. Nè i generali e gli ufficiali superiori si mostravano solleciti dell'onore o dell'umanità, se appena se ne eccettuano alcuni pochi. E tra questi, se le nostre lodi non gli nuociano, vogliamo menzionare il colonnello Jella


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