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vinti a un tratto da qualche più acerba trafittura, riafferravano le armi, e morivano vendicati anche i cittadini, che da più ore erano abbarrati nelle loro case, uscirono fuori di nuovo ai pericoli per soccorrere feriti, od accorrere agli incendii. Perchè è da notare che, anche in questo estremo, i Bresciani sdegnosamente rifiutarono che gli stranieri mettesser mano a soccorrere la città dopo averla rovinata, ed una volta che i soldati fecero vista di mescolarsi co' cittadini per combattere le fiamme che minacciavano d'incenerire tutto un quartiere, furono accolti con imprecazioni e con atti di orrore, sicchè dovettero restarsene.

E certo nè allora nè poi risero di Brescia gli stranieri, o il riso non passò loro la strozza; come avvenne di quei Croati che messe le mani addosso ad un povero operajo, deliberarono d'arderlo a diletto, parendo loro che, per essere di poco corpo e sciancato, dovesse egli opporre minor contrasto, e forse morire con più risibili contorcimenti. Carlo Zima il nome non perituro di quel forte popolano, il quale, come fu impeciato ed infiammato, s'avventò ad uno di quei manigoldi e per modo, che arsero e morirono assieme.

Così cadeva Brescia gloriosa e vendicata.

Dieci giorni durò in sull'armi, spesso vin


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