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scia, la quale combatteva ancora sotto la bandiera del Regno; anzi l'avessero concessa., come vittima espiatoria, a saziar il furore dei nemici. Molte cose furono di ciò dette e scritte, che aggravano o assolvono il governo di Vittorio Emanuele II: e noi diremo, come lo sappiamo, il vero

Che Brescia fosse, sopra ogni altra città lombarda, confidente nel Piemonte, e deliberata a mettersi a qualsiasi sbaraglio, non lo ignoravano nè re Carlo Alberto, nè il Ministero democratico, nè il Generale maggiore, col quale anzi la Commissione insurrezionale rimase in concordia del giorno in cui s'aveva a cominciare il moto: e fu il 21 di marzo. Non è qui luogo che si narrino gli ostacoli che impedirono ai fuorusciti d'armarsi tutti, come pur volevano e chiedevano sdegnosamente, e di precorrere l'esercito. Qui non vogliamo parlare che dei Bresciani i quali il 19 marzo ebbero, come dicemmo, un messo sicurissimo, che loro recò gli ultimi ordini da Torino e dal campo; e ne lo rimandarono tosto al General maggiore con lettere gelosissime, in cui s'apriva il segreto delle mosse degl'Imperiali verso Pavia. Il Chzarnowski la mattina del 22 riceveva ne' suoi quartieri di Novara queste lettere che certo gli dovevano ricordare Brescia: ma i fatti che quel


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