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più animosa e più concorde delle altre città e provincie - cosi lasciò scritto il Correnti -, all'invito che le fu rivolto dai fuorusciti e dal governo piemontese.

Il figliale Comitato bresciano si costituiva sollecitamente, e nel suo inizio, nelle persone dei cittadini:

Dottore in medicina Bartolomeo Guala, prof. Berretta sac. Antonio, ingegnere Paolo Moretti, prete Deruschi addetto alla parrocchia di S. Alessandro, avv. Violini Piccino, abate Tiboni, Robaisini prete Faustino, ingegnere Felice Laffranchi, nob. Luigi Cazzago, Cattaneo Costanzo.

Non sfuggirà al mio lettore, che di dieci componenti questo patriottico Comitato, quattro, ossia quasi la metà erano sacerdoti, e ci affrettiamo a soggiungere che il Comitato stesso aveva aggregato a sè, e posto a' suoi ordini, altro sacerdote, il prete Pietro Boifava, curato dell'alpestre e vicino comune di Serle, il quale in esecuzione delle istruzioni del Comitato cittadino, si era fatto capo di una banda di disertori e di alpigiani, sulle alture dei colti e dei monti soprastanti a Brescia.

Egli è che a quei tempi anche il clero, sotto i primi impulsi di Pio IX e dei Rosmini e dei Gioberti, sentiva di dovere e di poter avere una patria, il che gli fu contrastato e vietato da quell'aura avvelenata che spirò più tardi dal Vaticano e che impresse sul suo labaro il parricida non expedit margottiano.


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