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vizio avrebbe dovuto essere disimpegnato da non più di una sessantina di gendarmi, accasermati in Sant'Urbano, sempre alla disposizione del comando militare. Di graduati provvisti di autorità non lasciava che il comandante la piazza, ed un certo numero di medici militari a cura degli ammalati che nel numero di oltre ottocento, stavano degenti agli ospedali di Sant'Eufemia, di San Luca, e di San Gaetano.
Non esisteva da mesi regolare rappresentanza, municipale.
Il podestà Averoldi si era posto in salvo perchè, come dicemmo, ricercato d'arresto, con gli assessori, in seguito alla voluta scoperta del magazzeno di vestimenti militari. Al Comune presiedeva, quale deputato provinciale dirigente, il nobile Giovannì Zambelli, devoto all'Austria, il quale lanciò fuori un manifesto, in data del 15 marzo, in cui fra l'altro, era detto: che il Comando dal 3° corpo d'armata, partendo dalla città, aveva affidato, durante la sua assenza, al Municipio la cura ed il mantenimento dell'ordine e della quiete, costituendo lo stesso responsabile con tutti gli abitanti, della sicurezza delle persone e proprietà, del Comando militare di piazza che rimaneva, della gendarmeria, non che in genere d'ogni altro individuo militare. E perciò la cittadinanza che doveva essere protetta dalla gendarmeria, mutandosi le veci, doveva essa rispondere