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Assicurato così del recapito del piego, che poi non seppi dove ed in quale ora l'avesse ricevuto, e non attendendomi altre istruzioni, oltre quella del tenez fort , non indugiai a riprendere la via di Brescia, ove giunto il giorno 26, mi affrettai a riferire verbalmente al Presidente Guala, come avessi esaurito il suo incarico.

Non entra nel disegno del presento scritto, nè nelle mie intenzioni, e tampoco nella mia competenza, il soffermarmi a lungo sulla campagna del ‘49 in Piemonte, che ebbe sì triste e precipitosa fine nell'infausta giornata del 23 marzo sotto le mura di Novara.

Esponemmo già le ragioni per le quali al gabinetto di Torino, presieduto da urbano Rattazzi, era giuocoforza il rompere le ostilità. Che vi sia stata conveniente preparazione, nessuno certo ardirebbe di affermare, mentre della precipitazione colla quale si discese in campo, nessun dubbio che la responsabilità in gran parte va assegnata al premere del partito avanzato sul Governo, e più ancora alle impazienti insistenze della nostra emigrazione.

Esautorati nella fiducia del paese i capi dell'esercito sardo, per i loro insuccessi nella precedente campagna del '48, Re Carlo Alberto, riluttante, non per sè, ma per il decoro della nazione, si persuase che era necessario l'affidare il comando supremo delle nostre armi, ad una illustrazione straniera.


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