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Il generale Alfonso Lamarmora si sobbarcò l'umiliante incarico di fare a Parigi domanda, per tale alto ufficio, di un generale, fra i meglio reputati nell'esercito francese, e n'ebbe più umiliante ripulsa.

La insurrezione polacca del 1831, eroicamente sostenuta, ma che approdò ad una nazionale disfatta, aveva sparso per l'Europa una colluvie di esuli, ed una gran copia di ufficiali, il più improvvisati, come succede nei moti rivoluzionarii, i quali facevano atto di presenza in ogni luogo, ove si spiegasse un qualunque movimento, in nome della indipendenza e della libertà dei popoli. La suprema aventura di un popolo, che, lottando per la sua esistenza infelicemente procombe, aveva fatto accogliere l'emigrazione polacca dal mondo liberale, con tutta la simpatia dovuta a chi è la vittima della irrisione beffarda di un fato avverso.

Uno di codesti, quasi paladini erranti, della iliade polacca, era il Conte Chzarnowsky, persona certo onorevolissima e che avrà contato luminosi precedenti come quello di avere già servito sotto Napoleone I, ma persona la quale, come si fosse trovata e come imposta al Governo Sardo, non è ancora bene assodato.

Ai più era certo ignoto, ma siccome non era piemontese, questo solo bastava a renderlo accetto ai molti che di quei tempi tanto influivano sulla pubblica opinione e sul Governo.


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