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ravagli il maleolo interno del piede sinistro. Cosi ferito, veniva trasportato a S. Eufemia fuori città, dove da lì a pochi giorni, soccombeva.

Brescia per effetto delle mani nemiche e per quello delle sue proprie, stava per annientarsi, - il suo ardire bellicoso si avvicinava al parossismo.

In tale stato di esaltamento, non era da maravigliare che a parecchi si affacciasse come giustificabile l'idea di sterminare quanti austriaci potevano e da qui il pensiero di muovere pel vicino ospedale militare di S. Eufemia, e di fare man bassa su quanti ivi stavano ricoverati.

E già muovevano non pochi a quella volta, staccandosi anche alcuni dalle barricate di porta Torrelunga, quando io venni avvisato del nefasto divisamento. Mi recai tosto sulla piazzetta che fronteggia l'ospedale, dove un forte gruppo d'armati stava furibondo nelle parole e negli atti, per sfondare la porta, e tanto più eccitato perchè nel contempo ed in quel luogo che doveva essere risparmiato dal Castello, piombavano da là in buona copia palle e granate. Colla spada mi feci largo fra gli invasi, febbricitanti di rabbia, per raggiungere la porta, e rivoltomi ad essi, in nome di Brescia, del suo onore, li scongiurai di sostare, chè sarebbe stato indegno di noi il bruttarci del sangue di 400 ammalati, - che del resto mi lasciassero fare, che avrei parlamentato coi capi dell'ospizio, per ottenere


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