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ed ebbe ingiunzione dal Capitano dei sopraggiunti, di cedere le armi, perchè tutti prigionieri. Al Castelli, gettata a terra la spada, ritiratosi la poca gente che gli era rimasta, al piano superiore, serrandosi dietro il cancello di ferro per agevolare la evasione sua e della sua squadra, al Castelli venne fatto, atterrato un sottile muro, di passare in quella parte del palazzo ove stanno le scuole ginnasiali, da dove, ridotte a fune delle lenzuola, calò e con lui calarono gli altri nel sottoposto cortiletto ad uno ad uno, sottraendosi per tal modo prigionia. Ma a non tutti riuscì di salvarsi, chè undici di loro vennero sorpresi ed arrestati, - fra i quali il segretario del Municipio di Adro, Tedesconi, - e condotti in Castello, meno uno, furono tutti e subito passati per le armi.

Lo stato maggiore appena entrato, mandò a chiedere al Municipio viveri ed alloggio pei tanti sopraggiunti, non senza far intendere che i soldati erano venuti a marcia forzata a Brescia, nella speranza di arrivare in tempo per saccheggiarla.

Il Municipio, che ingiuriato e minacciato, per un miracolo di virtù civile, non aveva lasciato il suo posto, non sapeva però come provvedere. Nella città, tutta sconvolta nel suo selciato, ora quasi impossibile la circolazione, e durante le decorse giornate di lotta, era stato necessariamente interrotto ogni servizio di rifornimento sia in carne, sia di altro genere


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