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al Municipio, (perchè i soldati mettevano a fuoco e trattavano a fil di spada quelle case ove trovassero armi) vennero in sull'atto fucilati. Non porta, non bottega, non finestra aperta, se non dove divampavano gl'incendi, o dove le avevano fracassate i saccomanni.

Per le vie tutte ingombre e sconvolte nei selciati e nei lastricati, giacevano qua e là cadaveri di bresciani e di soldati, già da molte ore insepolti. Gli incendii duravano tuttavia, e minacciavano di estendersi a tutta la città, nè le violenze cessavano, chè sopraggiungevano ad ogni ora nuove soldatesche, le quali spargevansi per la città continuando il saccheggio e la carneficina; e spiando i lamenti delle donne, i gemiti dei feriti, e sognando in ogni voce, in ogni suono l'ingiuria o la minaccia, da tutto quelle masnade di sitibondi, traevano pretesto per forzar le porte ed insanguinarsi le mani.

Come a perenne suo ricordo e saluto alla città di Brescia, il barone Haynau, il mattino del 2 aprile emanava due bandi.

Col primo, in forma di proclama, gravava la città della somma di 300.000 lire, destinate a compenso e premi degli ufficiali, di lire 14.000 a rimborso del costo dei projettili impiegati a bombardarla (somma questa così esposta, certo per irrisione), di altra indeterminata in rifusione dei detrimenti sofferti dalle locali casse militari e pubbliche


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