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entrarono in caccia, e quanti fossero in voce o di più caldi amatori della patria o di più intrepidi al fuoco, ne venivano fiutati, cercati e se per loro mala ventura presi, erano nel giro di poche ore tratti in Castello e nelle caserme, bastonati, martoriati, ed infine fucilati e buttati nelle fosse o giù dai bastioni, ove più giorni se ne videro, quasi per orribile mostra, i cadaveri insepolti.

Mal si potrebbe dire quanti a questo modo mancassero, ma la fama li reca presso ad un centinaio ( Correnti ).

E la foga di codeste fucilazioni, tutte in complesso tumultuarie, fu tanta, che persino un Appel ne fu scosso, e si fece ad emanare un bando, dopo tre giorni, il 5 aprile, col quale annunziava, che da quel dì nessuno sarebbe stato passato per le armi, se non condannato per regolare processo. Tale regolarità processuale consisteva in quella enormità che erano i giudizi statari, e parve, tanto era il sentire sanguinario di quei momenti, fosse atto di autorità benevola.

E l'eccidio fu enorme e più ancora barbaro.

Molte delle pagine di questo libro trascorse sin quì han dovuto, nel racconto dei fatti che occorsero, offendere il senso della umanità, sconosciuto nelle sue leggi, che si riconoscono inviolabili anche fra gli orrori della guerra da belligeranti civili, poichè anche queste furono oltraggiate dall'imperversare di un istinto


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