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A Pietro Venturini, uomo di legge assai popolare in città, toccò più aspro martirio. Trascinato in Castello, grave com'era per età e per la podagra, fu ivi pressato con minaccie a giurare la bandiera imperiale, ma egli si rizzò fieramente in mezzo alle baionette puntategli sul petto, e imprecando ai nemici d'Italia, e mandando un saluto d'amore alla patria ed alla libertà, chiese ed ottenne di morire. Nè fatalmente la sua ferale preghiera venne eseguita senza esacerbazione, chè, rimasto semivivo sotto la scarica dei fucili, non spirò che quando il picchetto de' suoi uccisori, l'ebbe replicata.
Nel furor della lotta i cittadini inermi e le donne trovarono ricovero nei sotterranei. I reconditi ambulacri del tempio d'Ercole, del quale era stato dai croati scannato il custode, ne accolse più di 80, - e la chiesa sottostante alla parrocchiale di S. Afra non meno di 300, che scamparono allo scempio ed all'eccidio, ci affrettiamo a dirlo, mercè l'intervento del colonnello Jellachich, fratello del notissimo bano, il quale parve vergognarsi e dolersi dell'abbominio in che gli italiani hanno il nome della sua gente, i croati, e volle e seppe mostrarsi fra le tante belve imperiali, uomo e cristiano (1).
(1) La lettura di questi episodi, come di quello della morte di Antonio Dossi (a pag. 89), avrà certo fatta una singolare impressione sull'animo di chi ha voluto scorrere queste pagine; a noi la loro esposizione ha suggerito un pensiero, ci ha condotto a qualche considerazione che ci permettiamo di qui riprodurre e che forse non tornerà superflua.
L'aneddoto storico in Italia è quasi ignorato, mentre in altri paesi è tanta parte della loro letteratura. L'aneddoto, colla attrattiva della semplicità e soventi della intimità del racconto, si insinua in tutte le classi, e fissando nell'attenzione del lettore alcuni punti, vi imprime e vi rende note e popolari anche le grandi linee della storia, dalle quali come si diparte.
In Italia la storia patria non è certo molto conosciuta, - ma va rilevato un fatto, che cioè, se vi hanno nozioni storiche nella popolazione, dai nostri salons alla stamberga del portinajo, queste, meglio che alla storia d'Italia, fanno capo alla storia francese. Ogni particolare, quasi ogni pettegolezzo di Francia, forma l'occupazione, certo la delizia di tutti e di tutte, che in condizioni alte e basse, trovano il loro svago nella lettura.
Della cronaca delle corti di Luigi XIV, XV, XVI, nei loro particolari, anche i più intimi, non v'ha persona in Italia cui cadano libri in mano, e d'ambo i sessi, che non ne abbia almeno una infarinatura, e per essa di conseguenza, della storia di Francia; e così la cronistoria di Napoleone I e della società del suo tempo, è sufficientemente nota alle nostre varie classi, - ciò che non si potrebbe asserire di quella di nessun periodo della nostra istoria patria.
Or bene, a noi sembra che fra le molto cause dì questa ignoranza della storia d'Italia, ignoranza perniciosissima giacchè non si ama che ciò che si conosce, ne vada annoverata una, forse la meno avvertita, e sia questa: - che cioè da noi la coltura storica si è tenuta sempre ad un livello troppo elevato, troppo generale, troppo diremo comprensivo: in altre parole, non è discesa che rare volte ai particolari e propriamente non si è mai valsa, o troppo poco, di quel mezzo di diffusione che maggiormente attrae ed alletta la massa dei lettori, vogliamo dire dell'aneddoto.