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A cinquant'anni di distanza da un avvenimento storico, è concesso considerarlo e giudicarlo nel suo insieme, e trarne quelle deduzioni, per le quali la storia si converte da racconto in ammaestramento.

Le dieci giornate di Brescia del 1849 si prestano, nel loro epico svolgimento alla fantasia del lirico che intendesse elevarsi alle più eccelse cime del pensiero poetico, - ed insieme alle considerazioni dello statista, che può ravvisare nella insurrezione bresciana il più splendido esempio di ciò che possa una idea, una volta che sia penetrata e si sia trasfusa nel sangue di un popolo, tanto da diventare sangue del suo sangue.

Nè mancano gli elementi del dramma, - un Haynau, il genio del male, che sovrasta, - il contrasto delle passioni politiche, che da un lato si affermano nella volgare soluzione del tradimento, - e la fatalità greca dello scioglimento tragico in una catastrofe, alla descrizione della quale parrebbe appena adeguata la penna di un Shakespeare.


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