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si ridusse a vita privata, col brevetto accordatogli dall'intera Europa di macellaio (1).
Questa la figura di cui la storia d'Europa del secolo XIX non diede un secondo esempio, - e la sua sola presenza basterebbe a spiegare l'acerbità della lotta e delle sorti che Brescia ebbe ad incontrare, e che furono da lei sostenute con vigoria degna di epopea.
Ora, all'osservazione dello statista, potrebbe affacciarsi in ordine al moto bresciano del '49 una ricerca, quella cioè, - se la nostra insurrezione, visto l'ingente sacrificio che ha richiesto, sia stata tuttavia o no necessaria.
E questo sembra a noi una di quelle ricerche che, sorpassando alla loro freddezza archeologica, ci si possano proporre, e solo a causa d'investigazione, come succede a chi professa, per amore di coltura, l'indagine storica.
Noi abbiamo veduto come il moto si ingenerasse con un processo strettamente ragionevole e logico, e come inesorabilmente sia proceduto fino alla sua catastrofe finale, - porre il quesito quindi se sia stato necessario, è assolutamente superfluo.
(1) E come tale, come macellaio austriaco, venne accolto e salutato dagli operai della birreria di Londra Barclay e C. nella primavera del 1850. Ivi subì ogni sorta d'insulti e di violenze, e solo dovette all'intervento della polizia se non venne gettato nel Tamigi. - Mori di morte repentina il 14 marzo 1853 in Vienna, mentre correva voce che sarebbe stato mandato in Lombardia, in seguito al moto del 6 febbraio dello stesso anno di Milano.