31 (marzo)
Il giorno 31 di buon mattino, tre gendarmi con bandiera bianca si presentarono per la scesa del Castello, alla prima barricata portando un dispaccio di ( Haynau ) al Municipio, che imponeva: la resa della città a discrezione; la consegna dell'armi; la distruzione delle barricate, e ricollocamento de' ciottoli per le vie; il libero accesso alle truppe dalle porte... del resto, entrato in città, avrebbe fatto palesi i suoi voleri. Il Dirigente fece tosto convocare un consiglio straordinario di cittadini per decidere sull'emergenza. Uditi diversi pareri e dette più cose sul cedere o tentar di resistere, la maggioranza, alla cui testa era il Contratti, si decise per l'ultimo partito, e si votò ad unanimità la nomina di una Commissione, che si recasse in Castello per chiedere una tregua di 48 ore, onde spedire alcune persone di conosciuta probità le quali verificassero lo stato delle cose della guerra, la verità della capitolazione o dell'armistizio del 26 ecc.., ecc. La Commissione componevasi dei Sigg. Girolamo Rossa., avv. Barucchelli, sig. Pallavicini, ingegnere L. Borghetti; ed era guidata dal giovine Novelli il quale, spontaneamente, erasi offerto da prima., a portatore di qualunque messaggio tra il Municipio e il comandante del Castello. Dopo il ritorno degli austriaci seppesi che costui tradiva la patria; ch'erasi offerto per quell'ufficio a solo oggetto di portare al comandante del castello gli avvisi che gli mandava suo padre appostato fuori di città; il quale fu poi in benemerenza dei servigi prestati nominato a membro della commissione per la multa straordinaria di guerra.
( Haynau ) circondato da numeroso stato maggiore, ricevette in Castello la nostra commissione. Rispose: che dava tempo ai Bresciani di eseguire i suoi ordini sino a mezzogiorno; che in caso contrario avrebbe fatto spianare la città. La commissione mostrò al generale la capitolazione fatta col ( Czarnowsky ) e lo interpellò sull'armistizio del 26. Quella tigre, senza né disdire la prima, né ammettere il secondo, rispose: essere sua ferma intenzione di occupare la città, e volerlo fare ad ogni costo. La commissione allora osservò al generale l'impossibilità di interpellare la popolazione pel tempo prefisso. Si concesse di protrarlo di altre due ore.
Il consiglio comunale stava intanto in seduta permanente. La sottoposta loggia e la piazza erano zeppe di popolo, parte con armi, e parte senza, e tutti in aspettazione di una risposta. Ritornata la Commissione espose all'unito consiglio l'esito della sua missione. Discusso il da farei si decise di consultare il popolo.
Il Sangervasio si recò allora sul poggiuolo ch'è sopra la porta del comune e di là espose al popolo affollato i voleri di ( Haynau ). Il popolo (sdegnato) rispose unanime di non voler nulla accettare di disonorante e si mise tosto a gridare, guerra., guerra; morte al nostro eterno nemico; morte ad ( Haynau ); guerra… all'armi.
Il Dirigente volle far conoscere i pericoli ai quali si esponeva la città se non era soccorsa; la difficoltà che tanto ardore potesse durare sino al fine della lotta; la qualità dello scontro ...! ma non fu risposto che, guerra; guerra disperata; guerra fino all'ultimo esterminio! e guerra sia, disse il Dirigente. Queste parole furono coperte da grida di gioia e di forsennati applausi. Successe un arringa del Contratti assai bellicosa e vivamente applaudita; finita la quale l'assemblea si disciolse per correre all'armi. In meno che nol dico tutte le vie furono affollatissime di popolo. Chi potrebbe raccontare l'operosità di ognuno nel costruire barricate con arnesi di ogni maniera,. nello sciottolare le vie, nel preparare altre difese; chi l'ilarità dei volti su cui brillava la speranza; chi le liete canzoni e le grida ripetute di viva l'Italia; viva i fratelli che combattono per la patria; odio eterno e morte all'abborrito Austriaco?
Confortava insieme e inteneriva il cuore lo scorgere dilicate e vezzose fanciulle coi piuoli di ferro e di legno, con molle od altri utensili da cucina smuovere il selciato e in isporta e nel proprio grembiale e fin nei lembi delle vesti portar ciottoli in casa. Altre, più industriose e robuste, con funi e canestri, trarre ai piani più elevati ciottoli non solo, ma quanti oggetti si tennero capaci di offendere! I vecchi e i fanciulletti aiutavano chi meglio potea; e fin la cenere fu da alcune donne ammanita per accecare se non altro il nemico. Qual meraviglia che Brescia in due ore fosse preparata a difendersi.
Allo scoccare delle due tutte le campane della città ripresero il consueto rintocco e in un co' tamburi chiamarono i Bresciani alla zuffa, che primi incominciarono. Alle due e mezza il cannone del Castello, cominciò a tuonare, ma con poco danno della città. Chi non combatteva, correva festante per le vie o dal limitare della propria casa e dalle finestre cantava inni patriottici frammisti ad imprecazioni al nemico.
La battaglia impegnavasi su tutti i punti. Si tentarono varie sortite dal Castello, ma i nostri che eransi appiattati nelle prime case di Sant'Urbano e alle Consolazioni, ricacciavano in Castello coloro che s'attentavano discendere da questa banda. Lo stesso giuoco facevano gli appiattati nel seminario a chi voleva scendere per 1'altra; e la terra coprivasi di cadaveri nemici. Quattro volte si rinnovarono dall'austriaco questi arditi tentativi e quattro volte riuscirono a vuoto, con grave loro danno, finché, per lo scoraggiamento, nessun soldato volendo più uscire dal Castello certo di incontrarvi la morte, il feroce ( Haynau ), fece appuntare due cannoni sul ponte onde costringerli a discendere e battersi. Con pari accanimento pugnavasi alle porte di Torrelunga, Sant'Alessandro, S. Nazzaro, S. Giovanni e delle Pile. Le artiglierie del Castello e quelle piantate di contro a Torrelunga vomitavano intanto proietti d'ogni maniera e materie incendiarie. Procuravasi prendere di mira il palazzo municipale, ed il liceo ove era il Comitato di difesa. Diverse palle colpirono il primo e furono rovinate molte case vicine. Ventidue bombe caddero non lontane dal secondo, alcune nel convento della Pace, alcune in quel di S. Cosimo e in altre case, ma nessuna reco grave danno, nessuna colpì il Comitato, e la città stette ferma a combattere ed a spegnere gli incendi!
All'avvicinarsi della sera, mentre molte case di Rebuffone e dei Ronchi andavano a fiamme ed a ruba, un corpo di truppe nemiche, protetto dal cannone, potè avvicinarsi alla porta di Torrelunga ardendo e saccheggiando le case attigue e tra l'altro il caffè ( Faustinelli ) per cui i difensori di Brescia dovettero cedere un momento non al valore degli Austriaci, ma alla loro crudeltà, ritirandosi dalle barricate della porta a quelle di S. Eufemia e del pubblico giardino.
Rimasta libera per tal modo la porta di Torrelunga, il nemico potè entrare per quella, e prima sua cura fu di rubare le case che vi stanno rimpetto e poscia di appiccarvi il fuoco con bitumi, acqua raggia e polveri ardenti, di cui era all'uopo fornito. In un momento tutto era fiamme! Si temette che gli Austriaci potessero prendere la via delle mura per isboccare al Seminario e i nostri ne avvisarono tosto i prodi, che appostati alle barricate di S. Pietro e di S. Urbano impedivano le sortite dal Castello. Questi per non essere presi a tergo, e per non trovarsi tra due fuochi, si ritirarono a piè del Castello, alla Carità, appiattandosi nelle case Bodeo e dell'osteria di ( Tralla ?) ed in quella di contro alla discesa, o dietro la barricata rimpetto, accontentandosi di offendere il nemico da esse. Riconosciutasi da ( Haynau ) l'impossibiltà di guadagnar terreno esponendo senza vantaggio i suoi soldati così scoperti, sua prima cura fu di far occupare da un Colonnello, da un Maggiore e da un buon numero di soldati, parte del vicolo della Carità che conduce a Sant'Urbano, parte per la via del Castello, la casa Bonaldi, ora collegio Guidi.
Quivi, dopo di aver saccheggiata ogni cosa, si commise l'enormezza di scannarne gli innocenti abitatori, fra i quali la madre del Direttore, ottuagenaria e malata, l'infermiccia sua moglie ed altri in numero di sette, lasciando tre fanciulli feriti e due altri conducendone in Castello col Guidi stesso e con un maestro del collegio che furono poscia lasciati andare. Altri soldati scavalcando i muri degli orti, delle prime case di Sant'Urbano, poterono, traforando i muri, inoltrarsi di casa in casa e discendere fin oltre le Consolazioni, a mezza via del Castello.
Fattasi oscura la notte si richiamarono le truppe, le quali ritirandosi portarono seco dalle case rubate quanto mobile si potè e distrussero il resto, abbandonandolo poscia alle fiamme. Profittando dello scompiglio e del fumo prodotto da tanti incendi un drappello di austriaci e di gendarmi, tentò una discesa in città per le case chiamate degli Orti, che sboccano a Porta Bruciata, e sulla piazzetta di S. Giuseppe; ma vedutala impraticabile per quella sera si ritirò dopo averle saccheggiate ed incendiate. Un altro drappello pur di soldati e gendarmi tentò farsi strada dalla parte dei Ronchi di casa Baluccanti, Sandrinelli, Capretti, a S. Chiara per isboccare in Rocchetta, e da quella sorprendere Porta Pile guardata da una mano di prodi Valtrompini (sic). Se non che una sentinella appiattata per vigilare il ronco di casa Baluccanti, il quale ha un'uscita dalla parte del Castello, ov'abitano persone sospette, accortasi della sorpresa, ne diè avviso in tempo a' Valligiani di Porta Pile, che con una scarica fecero retrocedere gli assalitori, i quali lasciarono indietro alcuni morti e feriti.
Per tutto il corso della notte furono dai nostri collocate vigili scolte alla Rocchetta, guardate le vie che conducono a S. Chiara e S. Tommaso, e stabilita una pattuglia comandata da un prode cittadino sul ronco di casa Baluccanti, né altro si udì per la città che il grido di all'erta e alcuni colpi di fucili, che tratto, tratto andavano frammischiandosi al suono interrotto delle campane e dei tamburi che tenevano desta e avvisata la città. Tutte le case furono illuminate e il Comitato di difesa e il Municipio stettero in seduta permanente per timore di una sorpresa.
Così passo la notte dal sabato alla domenica,. Notisi che in questo giorno, oltre le artiglierie del Castello e di porta Torrelunga, che fulminavano la città , una continua fucilata partiva dal Castello, le cui palle cadevano sui tetti delle case a guisa di grandine. Più si inoltrava la notte andò per altro scemando. Ma gli incendi imperversarono maggiormente in alcuni luoghi della città, massime alla discesa del Castello, a Torrelunga e a Porta Sant'Alessandro. Un fumo denso e rossiccio, che dilatavasi sulle vicine contrade, era triste spettacolo a chi da lontano lo contemplava dall'alto delle case.