Lettere
a) AL GOVERNO DI S. M. SARDA
Supponendo vero quanto venne ultimamente accennato dal deputato Bargnani alla Camera e prodotto in vari giornali sulla sommossa recente di Brescia, i sottoscritti sentono l'indeclinabile dovere derivante dalla rispettiva posizione già da loro occupata di far presente al governo di S. M. la necessità in cui egli è posto, nelle avviate od imminenti trattative di pace con l'Austria, di interporre il suo valido appoggio, onde quella infelice città non abbia a provare gli effetti tremendi della vendetta di un inesorabile nemico.
Oltre i motivi, pei quali potrebbe essere condotto a questo passo il Governo di S. M., procedenti dalla viva simpatia, che quella città creossi in Piemonte per la condotta nobile e generosa da essa tenuta nella passata campagna, i sottoscritti si permettono di render noto, che gliene corre stretto obbligo dalla circostanza, che quanto ora avvenne colà, avvenne per opera del passato Ministero, che istituiva nei propri uffici una Commissione detta di statistica ma infatti di insurrezione, e della quale approvava e secondava i piani e le misure. Per lo chè si può con tutta certezza asseverare, che quanto è avvenuto in quella provincia, non è che lo sviluppo di un piano ideato a Torino e secondato dal patriottico slancio di quelle animose popolazioni.
I sottoscritti perciò fanno caldissima istanza al governo di S. M. acciò, se ineluttabili circostanze piegano i consigli del medesimo ad una pacifica soluzione, non sia almeno quella sventurata provincia, tanto veracemente ed assennatamente devota alla causa italiana e tanto amante del nome Piemontese, senza una protettrice parola, senza una condizione di salvezza abbandonata all'assoluto arbitrio di un vendicativo ed efferato vincitore.
Confidenti i sottoscritti che il governo di S. M. nella sua condotta nel caso esposto avrà ad esclusiva norma il sentimento dell'amore non meno che quello non mai preteribile dell'onore, hanno l'onore di segnarsi con anticipata riconoscenza e con perfetto ossequio.
Antonio Dossi
già rappresentante la Città e Provincia di Brescia al Governo Centrale di Lombardia
Luigi Lechi
già Presidente del Governo provvisorio di Brescia
Torino, 2 aprile 1849.
b) AL SIG. .... (M)
Illustre Signore,
affidato alle cortesi accoglienze, ripetutamente usatemi ed alla affettuosa ricordanza che la S. V. mi disse serbare di Brescia (tanto a Lei devota) mi prendo la libertà di accluderle una memoria riguardante quell'infelice città. La memoria è sottoscritta dal sig. Antonio Dossi, già deputato della provincia e città di Brescia, e da me, presidente che fui di quel Governo. Se non per questi titoli, certo come cittadini affezionati ad una patria generosa non dovevamo rimanerci silenziosi in tanta sua iattura, né d'altra parte, avremmo saputo a chi meglio rivolgerci che all'illustre promotore dell'indipendenza italiana ed ora, per quanto si dice, patrocinatore costà dei nostri destini.
L'insurrezione bresciana, come forse Ella non ignora, fu promossa dal Governo piemontese e lo stesso attuale ministro Pinelli e il fu ministro La Marmora, sino al 12 dicembre del 1848 segnarono un decreto che preparava i movimenti di Lombardia. I principali particolari della nostra sventura sono accennati nella memoria che ho l'onore di rassegnare a V. S. e pel di Lei animo generoso non abbisognano parole di raccomandazione. Qualunque sia la sorte che aver possano i nostri reclami, Ella col non denegarci (come speriamo) il suo valido patrocinio, avrà acquistato nuovi titoli alla gratitudine dei Bresciani e noi, coll'averli fatti, non saremo, sino all'ultimo, venuti meno al dover nostro verso la misera patria.
Mi dichiaro con profondo ossequio.
Obbl:mo ecc. ecc.
Torino, 11 aprile 1849.
c) AL SIG. VINCENZO GIOBERTI
Illustrissimo ed Egregio Signore,
Ella avrà già conosciuto dai giornali la catastrofe di Brescia, di questa città che fu la prima ad insorgere nel marzo del 1848, che fu la prima a presentare battaglioni regolari alla guerra d'indipendenza, promossa poi e giovata da essa con ogni maniera di nobili sacrifici. Nei giorni dei rovesci ultima a cadere ingrossava coi suoi figli quel corpo lombardo che anche nell'esiglio doveva propugnare i diritti e tener viva la speranza di una patria sventurata. Ma con tutto ciò non credette casa di avere abbastanza pagato il debito suo alla sacra causa comune.
Fedele agli ordini del ministero sardo, rizzava di nuovo il 20 ora scorso marzo la bandiera italiana salutando con indicibile gioia l'ora della riscossa. E quantunque un indefinibile disastro facesse posare le armi piemontesi, sola la misera città osava misurarsi colle truppe austriache che, non avendo altri nemici da combattere, accorsero da ogni parte e riconquistarla.
Per otto giorni sostenne un'accanita lotta, che potrebbe dirsi temeraria, se pel sublime oggetto per cui si combatteva non dovesse chiamarsi eroica. Ma ogni resistenza fu impossibile. Dopo una difesa sostenuta strada per strada, casa per casa, il valore dovette cedere alla disciplina, al numero, all'unità del comando e a tutti i terribili ed elaborati mezzi di offesa, che l'arte ha saputo inventare. Soggiacque l'infelice città ma senza che l'ostinata sua alterezza volesse piegarsi ad una resa.
Sarebbe troppo lungo e doloroso, oltre le stragi e gli incendi che decimarono la popolazione e adeguarono al suolo molti fabbricati, il descrivere tutti gli orrori patiti da Brescia.
Ella, o Signore, egualmente potrà figurarseli come quelli che non vanno mai scompagnati da una espugnazione d'assalto e resi in questo caso più terribili dalle vendette di un inesorabile nemico.
Allo scopo della presente è però necessario ch'Ella sappia e conosca:
1°° Che la città ha sofferto un immenso danno, oltre la strage dei cittadini, per l'incendio, l'atterramento di case, ed il saccheggio che, alla spicciolata sì, ma pur durava anche il secondo giorno. Questi danni ascenderanno a parecchi milioni.
2° Che fu assoggettata ad una determinata multa di sei milioni pagabile in dodici mesi in ragione di mezzo milione al mese;
3° Che fu oltre ciò sottoposta ad altre tasse indeterminate pagabili entro tre mesi, che sommeranno ad oltre un milione;
4° Che sulla sorte degli infelici, che presero parte all'insurrezione si aspettano gli ordini superiori;
Se oltre queste sconfinate ed intollerabili imposte si considera l'immenso e conseguente danno della emigrazione e la cessazione di ogni civile e commerciale transazione, Ella, o Signore, si farà un adeguato concetto dell'irreparabile rovina a cui sarebbe condotta questa eroica città non d'altro colpevole che di essere stata fedele ad un santo principio, ove almeno la vendetta del vincitore non fosse recata a sensi di moderazione.
Ed è appunto per ciò che a V. S. si volgono i sottoscritti.
Ella primo glorioso iniziatore dell'Italiana indipendenza e libertà, Ella che si degnò prendere in particolare predilezione la misera città per cui preghiamo, Ella ne siam certi vorrà adoprare tutta la di Lei efficace influenza o presso le potenze mediatrici o presso l'Austria, acciò sien salve le vite degli infelici rimasti, sia ai profughi ridonata la Patria e ne sieno possibilmente tutelati gli averi.
Nella ferma fiducia che non avremo indarno invocato il di Lei valido patrocinio abbiamo l'onore di segnarci coi più vivi ed anticipati sensi di gratitudine, di alta stima e di profondo ossequio.
d) AL CONTE VINCENZO TOFETTI
Da che, come Durini mi assicura, tu ti rimarrai forse qualche tempo ancora a Parigi, non ispiacciati ch'io ti intrattenga della mia povera Brescia non tanto per commuoverti sulle sue sciagure quanto per eccitarti a qualche maniera di alleviamento non foss'altro quello dell'altrui simpatia! Qualunque siano per essere i destini d'Italia o per meglio dire del mondo, sembra che la diplomazia voglia in questo momento occuparsene esclusivamente, massime la francese.
Senza sapere quale incarico ti sia ora affidato, l'influenza di un animo generoso può sempre giovare la causa degli oppressi, qualora sia patrocinata con franche e calde parole! L'amico Dossi ed io abbiamo già scritto in proposito anche a Gioberti! Vedi tu stesso di raccomandare la povera città ad esso non solo, ma a quanti ti sarà dato accostare, fra potenti nelle cui mani stanno ora le nostri sorti. I mali già consumati pur troppo non hanno riparo, ma vi sono i presenti che si possono sminuire, i futuri da essere impediti!
Eccoti in iscorcio le cose di Brescia: obbediente agli ordini del Ministero sardo (Pinelli e La Marmora, come devi sapere, fino dal passato dicembre avevano segnato un decreto e instituito comitati che preparassero l'insurrezione lombarda) Brescia, il dì 20 marzo, rizzava il vessillo dell'indipendenza. Il dì 21 e 22 per aspettare l'esito dei primi scontri, trascorrevano tranquilli; ma questo prudente consiglio venne perduto dalla stoltezza del comandante del nostro castello, che volendo intempestivamente esigere una tassa, già imposta, mandava soldati ed un ufficiale in città, i quali pe' loro indebiti modi, lungi dall'ottener nulla, furono a volo arrestati. Il comandante chiesto aiuto per via di telegrafo ai presidi di Mantova e di Verona trascorse in quella rappresaglia di bombardare la città, lo che indusse i nostri alla minaccia di uccidere gli ammalati tedeschi, che in numero di 800 stavano nel loro spedali, ove non si cessasse dal fuoco.
Senza darsi briga, al solito, della costoro vita, rifiutò il tedesco d'intender ragione. Se non chè i bresciani, malgrado le vittime, gli incendi e i danni delle palle che toglievano di mira i più cospicui fabbricati e specialmente l'Ospital maggiore, i cui numerosi infermi la carità cittadina con mirabile prestezza salvò nelle volte (cave) del sito, seppero, nel dolore dell'ira, con singolare esempio di moderazione e di umanità rispettare gli infermi nemici.
Intanto nel giorno 26 e successivi arrivarono truppe da ogni banda, cui gli animosi bresciani uscivano ad incontrarsi! Sino al primo di aprile, in diversi gloriosissimi scontri, bastò il valore cittadino non solo a tenere lontano dalle mura il tedesco ed a fugarne più volte le fanterie, ma ben anco a respingere la sua cavalleria, e le stesse artiglierie impossessandosi, con disperato ardimento, di qualche pezzo di cannone. Ma l'indefinibile disastro dell'armi piemontesi avendo abbandonato la misera città in balia di tutte le forze nemiche, l'ultimo dei prefati giorni, giunse per accerchiarla per ogni dove il terzo corpo dell'esercito. Brescia tuttavia non si piegò ad ascoltare parole di resa e, incredula alla sconfitta del nostro esercito, resistette per altre 36 ore, con coraggio piuttosto singolare che raro, all'irrompere da ogni banda di tante armi, allo sfolgorare di tanta artiglieria, alla raffinatezza della disciplina e dell'arte. Finalmente dovette soccombere.
Sarebbe impossibile raccontare partitamente ciò che avvenne in quegli otto giorni di eroica difesa, le pugne combattute per ogni via, quasi casa per casa tra le fiamme e il diroccarsi dei tetti e delle muraglie, le altissime barricate gremite di donne e di fanciulli con ostinatezza feroce, i fatti di sovrumano valore, di carità cittadina, di mitezza verso gli stessi nemici, che meravigliarono di tanta virtù..
Forse la storia non offre altri esempi di una città difesa con pari ardimento da cittadini pochi e quasi inermi contro un nemico numerosissimo, vittorioso e fornito a dovizia di ogni mezzo di offesa. Così rispondeva Brescia all'insulto gittato da Lord Brougham sulla Lombardia; di avere cioè vilmente abbandonato Carlo Alberto ne' supremi momenti; così rispondeva al giornale dei "Debats" che nel 31 marzo affermava in Italia non esservi Italiani, e in questo paese non sapersi combattere nè morire per la Patria! prezzolato giornale che nella foga di sì vile calunnia, goffamente trascorse a confondere persino un corpo di Rumeni (colonia austriaca ai confini della Valachia e della Servia) che era con gli assalitori, con un corpo di Italiani dello stato romano, aggiungendo considerazioni degne di tanta ignoranza.
Lascio al tuo cuore l'immaginare tutti gli orrori di una città presa d'assalto, abbandonata alla vendetta di un feroce nemico, e mi restringo a dirti che oltre le stragi dei cittadini, armati od inermi, di ogni sesso, di ogni età, di ogni condizione, che oltrepassano i mille, gli atterramenti e gli incendi di più che cento case, procacciati anche cessata la pugna con zolfi e trementine e il saccheggio che alla spicciolata sì, ma pur durava il secondo giorno, la città fu assoggettata ad una multa di 6 milioni, da pagarsi in un anno in 500/m lire al mese; che altre tasse che sommano a più di un milione devono essere sborsate fra tre mesi, che sulla sorte degli infelici che presero parte all'insurrezione si aspettano ordini superiori; che intanto si fanno giornalmente arresti e fucilazioni in Castello (le vittime sono ormai più di cento); e si praticano verso la infelice città que' soprusi che chi conosce il governo dell'Austria, può figurarsi.
Se all'esorbitanza di imposte non comportabili e ai danni d'ogni maniera patiti si arroge quello incalcolabile della emigrazione, le cessate civili e commerciali transazioni, si potrà di leggeri sentire a quanta ruina sarebbe ridotta una città non d'altro rea che di essere stata fedele ad un santo principio, qualora il vincitore non fosse condotto a sensi meno immoderati.
Oh amico! non dinegare alla povera Brescia la tua calda eloquenza. Sarebbe egli vero che codesta nobile Francia, immemore di sè, potesse essere sorda perfino alle grida del valore sventurato? Brescia non può non aver almeno le simpatie di codesto popolo e tu sarai ascoltato.
La nostra famiglia uscì incolume da tanta sventura. Tre bombe, fra le millecinquecento che colpirono la città, oltre le cinquemila palle di cannone e innumerevoli razzi, caddero in casa ma scoppiarono senza danno. Teodoro ti saluta affettuosamente con Dossi e si uniscono meco a raccomandarti la nostra Brescia. Ti abbraccio di cuore.
al sig. conte Vinc. Tofetti
Parigi.
P.S. - mi dimenticai di dirti, che l'estrema ostinazione della infelice città si dovette in gran parte ad alcuni messi e bullettini mendaci, spediti dai soliti repubblicani, spaccianti non la disfatta dei piemontesi ma un nuovo tradimento di Carlo Alberto, una grande vittoria del nostro esercito e quindi la pronta liberazione di Brescia.
In ultimo si riporta uno dei tanti scritti di false informazioni ingannatrici.
AL COMITATO DI PUBBLICA DIFESA DI BRESCIA
Bergamo, 18 marzo '49.
Appena giunsi a Bergamo che mi recai al Municipio ove ho potuto raccogliere le seguenti notizie:
Sullo scorcio della settimana passata gli Austriaci si erano diretti alla volta di Novara dove erano prima state spedite le due brigate Savoia e Aosta, per difendere la città. Queste però arrivate appena dichiaravano che non si volevano battere, adducendo a motivo del rifiuto, che non appartenevano alla nazione italiana, per cagione della quale facevasi la guerra; e tumultuando, sotto pretesto che si erano loro lasciati mancare i viveri, si diedero a saccheggiare la città.
Poco dopo si videro entrare gli Austriaci, dicesi chiamati dal Vescovo, per mettere freno a tanto disordine; ed i secondi si associarono a' primi nel saccheggio ed obbligarono gran parte dei cittadini a fuggire.
Carlo Alberto, siccome cominciavasi a gridarlo traditore e ad attribuirgli l'infamia di aver sedotte le due brigate Savoiarde, abdicò in favore del suo primogenito, il cui primo atto fu quello di combinare un armistizío con Radetzky, non si sa di quanti giorni.
All'avvicinarsi di sì gravi avvenimenti, Czarnowsky chiese alla Camera di Torino come avesse a regolarsi, e questa eroicamente dichiarò decaduta la dinastia di Savoia, e nominando il Generaliss. polacco a Dittatore, si ritirò in massa a Genova. Munito dei pieni poteri il Generaliss. non volle riconoscere l'armistizio stipulato dal Duca di Savoia, e rispose a Radetzky che allo spuntare dell'alba susseguente si aspettasse la risposta delle ostilità.
Una persona spedita da questo Municipio per avere altre notizie, riferisce di aver udito, lunedì p. p. 26 andante, tuonare il cannone nella direzione appunto ove stanziano gli eserciti.
Qui si ritiene imminente la rivoluzione in Milano, ove si dice che Litta debba dispensare una grandissima quantità d'armi e munizioni.
Questi fatti sarebbero della massima importanza e converrà quindi che codesto Comitato si dia premura di esserne tosto con precisione informato ecc. ecc.
Fir.to: N. N.
P. S. - Bergamo ha molto a cuore la posizione di Brescia ed attende il momento di poter accorrervi in soccorso.