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alla svizzera) tiravano al castello, prendendo di mira gli artiglieri e le poste come se tirassero al bersaglio. Così fra il martellare delle campane e lo sparo degli archibugi, il fragor del cannone, la pioggia delle bombe e de' razzi incendiari, passarono quattore con danno non tanto dei difensori esposti per tanto tempo a così fiera tempesta, quanto con rovina dei fabbricati e spavento degli inermi abitanti, che mentre le bombe cadenti dal tetto al pian terreno facevan breccia nelle case e i razzi succedenti portavano nella breccia l'incendio; nelle profonde cantine appena si tenevano in sicuro. Né fra tanto spavento andò illeso lo stesso ospitale civile, sul quale con presente pericolo degli infermi essendo cadute quattro bombe, i duumviri mandarono intimando al comandante del castello, che se ciò venisse continuato , degli ammalati militari che avevano in loro potere, dieci sarebbero stati ammazzati ad ogni caduta di bomba: il che fece che il Pio luogo fosse dappoi sempre rispettato. Cessato il cannone di fuori e il bombardamento di dentro, gli ordini dei duumviri non valsero a tener i difensori dall'inseguire il nemico, che incominciava a ritirarsi. Fatta una massa di forse due centinaia, uscirono addosso al retroguardo imperiale, parecchi ne uccisero, e poco mancò che non s'impadronissero d'un loro cannone. Li scacciarono da Rebuffone, li inseguirono a San Francesco, e unitisi alla banda dei ronchi li obbligarono a tornare a Sant'Eufemia. Facendosi sera tornarono in città a ricongiungersi con quei di dentro, felicitandoli del lieto successo. I duumviri fecero a tutti dispensare vino e vivande, ed un proclama che affissero la sera medesima, celebrò la gloria della giornata, promise il plauso di tutta l'Italia, promise l'immortalità presso ai posteri.

Il giorno 28 seguente gli imperiali mossero di nuovo da Santa Eufemia, ma questa volta con altro disegno da quello del giorno innanzi. Era intenzione del Nugent di trarre, se gli riuscisse, i difensori dalle mura ci d'avvantaggiarsi della campagna aperta. E però, avvicinandosi alla città non facea che mandare innanzi alcuni piccoli drappelli di croati, che riguardosi e rilenti si accostavano alle mura e si ritiravano alle. prime fucilate. Queste lustre e i successi dei giorno precedente fecero credere ai nostri che realmente retrocedessero e quindi


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