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"Il bello si fu nell'atterrare l'antenna, che ritta sorgeva ancora colle sue bandiere, col suo cappello nel mezzo della piazza municipale: così che niuno volendo porsi all'opera, fu duopo chiamar villici suburbani ".
"E quasi che il cielo dividesse con noi la rabbia di quel ritorno, con subito mutamento copertosi di negre nubi, ruppe in un turbine sì procelloso, che fanti e cavalli e salmerie seco ravvolse nella sua rapina; un rovescio di grandine con venti che battagliavano pareva simbolo dell'ira nostra, e la statua della Vergine sui pinnacoli del tempio della Pace cadde allora, quasi avvertendoci - che pace non è dov'è l'obbrobrio e il dolore della servitù -. Il vasto accampamento degli arrivati, cui piantavano alla Fiera, fu tutto a scompiglio. Seimila cavalli, che percossi dalla tempesta impennavano ad un tratto, rotto ogni freno, si gittavano furiando per le vicine campagne. Tende, insegne, carriaggi rimescolati e pesti, soldati correnti all'impazzata, che cercato indarno uno scampo, si prostravano bocconi in sul terreno; e quell'orrida scena, quell'ampio rimestamento d'uomini e di cose, era tutto ravvolto nelle tenebre della bufera [1]".
Il giorno appresso dimandavasi la consegna dell'armi, da recarsi al palazzo vescovile, pena, come al solito, la legge marziale [2]. Il troppo celebre Mola, ex tenente del cessato Comando di piazza, ed il Causini sedevano in palazzo a ritirarle. Una simile intimazione usciva quasi tosto (21 agosto) pei Comuni della provincia, mentre il conte Lichnowsky, comandante la città, minacciava con altro editto chi alterasse con allarmi la pubblica calma [3]; alla quale non so come utile tornasse un altro decreto del fiero Haynau, rassicurante che i mortaj, gli obici ed i cannoni sul castello s'erano posti colla