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Tiboni v'appartenevano. Tenendo il Gualla giornaliera corrispondenza col Cazzago sulle mosse dell'inimico e sulle cose del Comitato e della città, ne venivano di ricambio ordini, denari ed armi, che si apprestavano dal Ministero senza che nulla si conoscesse dai componenti quel piccolo drappello che nomavasi Comitato insurrezionale: parola che tutti n'esprimeva i debiti, gl'intendimenti, le risponsabilità [1].
Nello scrivere al Gualla si mutavano sempre dal Cazzago i nomi, noti soltanto all'ingegnere Laffranchi cui erano quei fogli indirizzati. Il Tiboni aveva cura degli atti del Comitato, celandoli gelosamente nella libreria del Seminario; e le somme che da Torino venivano diramate ai centri lombardi, s'avviavano al Negri di Milano. Cassiere del nostro fu Giacinto Passerini. Tutto ciò senza che un atto ministeriale ne li avesse delegati, poichè soltanto a guerra già dichiarata (14 marzo) ebbe il Gualla incarichi ufficiali perchè facesse, i quali poi non gli giugnevano che il 19, all'indomani cioè della battaglia da cui pendevano i destini della terra lombarda: incarichi del resto, che doveano cessare coll'entrarsene in Brescia delle truppe reali e del conte Roncalli di Bergamo già destinatoci commissario del re [2].
L'armi arrivavano col mezzo del conte Giuseppe Martinengo Cesaresco (già colonnello della guardia nazionale), dell'ing. Bortolo Maffei, di Giuseppe Borghetti, che col compagno del Comitato di Statistica Gabriele Camozzi le portavano