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sentivasi quasi redenta prima ancora che in sul Ticino fosse dato il segnale della riscossa.

Vicino pareva il termine dello stolto insolentire dei nostri nemici, e la bresciana costanza alteramente durata contro le proscrizioni, le multe, le sevizie, le bastonature, la provocante brutalità straniera, sentiva scoccata l'ora della vendetta; e fu costanza meravigliosa, perchè di fiero e insofferente popolo, messo in bilico più volte, e a bella posta, d'infrangerla con una di quelle risoluzioni, che rompono talvolta un intero avvenire, e che sarebbesi colta con satanica gioja dalla austriaca guarnigione per iscendere dalla rocca sull'inerme città. Ma questa gioja non ebbe, nè quando trasse agli arresti, come narrammo, il nostro corpo municipale, nè quando sognava inganni e tradimenti per dar di piglio alle taglie ed alle confische.

Onde appena l'uno di que'fogli che abbiam citati, e che non tanto creavano quanto esprimevano il sentimento degli oppressi, ebbe dato l'avviso dell'armi [1], fu per tutte le patrie valli come un sordo ribollimento; i nostri Comitati, avvertiti dal centrale, furono in movimento, e per le terre confinali i profughi di maggior conto e d'anima più risoluta raccoglievano le fila della vasta cospirazione con tanto impeto che fu tenuto non l'ardore fosse intoppo e rovina all'alta impresa, perchè v'erano delatori, sguinzagliati come bracchi dal maresciallo, che fiutavano anfanati per ogni canto, ma non riescivano a metter capo in quegli arcani intrecciamenti.

Prima che l'armistizio fosse dal Piemonte denunciato, la nostra città, sede qual era del III corpo dell'armata nemica affidato al tenente maresciallo Appel, era tenuta dai

  1. " Ci siamo. O adesso o mai! Preparate le armi, preparate i cuori, e questa volta saranno fatti davvero. Presto la guerra, e cerchiamo che la tempesta ci trovi desti ecc. " Bolett. dell'Emigrazione, 2 marzo.


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