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reggimenti Arciduca Sigismondo (veneto), Arcid. Francesco Carlo (ungherese), Arcid. Lodovico (moravo), dal reggimento degli Stiriani cacciatori, da due squadroni dei cavalleggeri di Lichtenstein, da trenta pezzi di artiglieria, con una batteria di razzi alla Congrève , e tutto il seguito corrispondente a sì terribile apparato [1].
Quanti proscritti dentro i boschi più romiti e fuor di mano avevano bastato all'attendere doloroso, traevano riconfortati all'odore della battaglia: quanti, passato il confine, avevano assediato Carlo Alberto, l'esercito, il Parlamento, rammentando al Piemonte le sue promesse, le vedevano compirsi. L'Austria intanto battezzavaci d'illusi, e tanto in questo era ferma, che già dall'8 febbrajo il povero Appel, non potendo capacitarsi dell'ira nostra, chiamati i parrochi della città, parlava loro di fanatici aspettanti un avvenire che non avrebbero veduto giammai, serbanti una speranza che mai non vedrebbero compiuta. Aver egli, replicava, per essi la forza a contenerli, ma per gli altri, cui vuolsi la forza morale, raccomandarsi ai sacerdoti; dicessero dai pergami, come larghe leggi e libera costituzione sarebbe loro donata; rincrescergli dover essere per un istante severo, ma volerlo la pubblica sicurezza, fermata la quale, volgerebbero altri tempi. Questo, rapporto all'Austria.
In quanto a Francia e ad Inghilterra, le due grandi potenze mediatrici, fra i cupi avvolgimenti della sempre gelata diplomazia avean già dimostrato che lupo non mangia lupo, e che nulla doveva attendersi dalle infeconde chiacchere dei congressi di Brusselle, poichè niun popolo mai non ebbe dai protocolli una favilla di libertà.