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leri. Esitava l'onest' uomo: se non che udito il Gualla come l'esule Antonio Dossi guarentiva in Milano pel 22 marzo (velando in metafora l'avviso dei nostri) una cambiale di 30 mila franchi [1], accettò. In quanto alle guardie civiche, venuto a patti il Leshke, prometteva 200 sciabole da ricambiarsi fra quattrocento cittadini! Sdegnando alcuni la grettezza delle misere e tedesche armi, dissotterrati gli arrugginiti fucili, presentavansi armati sotto gli atrj della Loggia.
D'allora in poi la nostra vita era in piazza e per le vie, l'orecchio teso se voce si levasse di principiate ostilità; ed un ardito giornaletto, celatamente fra il popolo diffuso e da tutti gli storici inavvertito, ne rinfocava gli spiriti bollenti. Sì, la rivolta ebbe qui, nato, vissuto e soccombente con lei un periodico animoso. Il Comitato d'insurrezione avevalo progettato. Demetrio Benelli [2] ne apprestava le calde pagine. Ma come pubblicarle? Fu il Benelli secretamente dal tipografo Boschetti [3]. Detto fatto. Mancava un proto: ed eccoti Giuseppe Giore profferirsi all'arduo impegno, nè voler compensi, gli bastando la nobile soddisfazione di compiere un dovere di libero cittadino. L'officina era proprio di fronte alle guardie dei Broletto ed alla vigile Polizia. Non importa. Vi si chiudeva la notte; componeva, metteva in torchio, correggeva, stampava, sempre solo e all'insaputa di tutti gli operaj della tipografia, sicchè al mattino uscivano di sotto mano, rimpetto ai commissari dell'Appel e dell'Haynau, le prime stampe dell'ardente giornaletto - Il Comitato