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sulla via, piombavano sovr'essi, e fatta la preda, risalivano come falchi a rintanarsi nel monte.
Il dado in somma era gittato: era pericolo l'arretrarsi, pericolo il soprastare, nè l'indirizzo dell'avv. Saleri a' suoi concittadini parve rispondere alla suprema necessità delle insolite discipline d'una guerra insurrezionale. E già un altro elemento, che in simili conati, fra le lunghe esitanze municipali, tragge seco talvolta la irrefrenabile potenza delle commosse moltitudini, emergeva - l'elemento repubblicano - splendido affascinatore delle masse cittadine, quando i magistrati nei grandi bisogni della patria non si levano all'altezza del loro mandato. In mezzo al turbine procelloso di un popolo stanco di servitù, anelante la guerra e la rivolta per amore di libertà, e che già sente l'una e l'altra incominciate d'intorno a sé, parlare di calma e di legalità è quasi un irritarlo.
Sulle , colonne dell'atrio municipale ricomparivano intanto (22 marzo), segno di prossima tempesta, i soliti libelli; e quale voleva un consiglio di venti cittadini popolarmente eletti in piazza vecchia, quale, più risoluto, lo sfratto di alcune cariche un po' troppo aristocratiche. E già dal mattino, primo forse che tanto ardisse, Francesco Rodella, rivestitosi da guardia nazionale del 48, spiegava in quella piazza la tricolore bandiera; ed uno stuolo di ardenti giovani preceduti da un tamburo, gridando viva l'Italia , rumoreggiava lungo i Portici e il Granarolo [1]. Passato il meriggio, la folla di sotto agli atrii della Loggia si condensa. L'avv. Saleri, venuto agli ultimi gradini di quegli atrii, fatti convegno di una gente irritata, pregò non volesse tradire colle subite insofferenze l'aspettazione di quegli istanti solenni. L'egregio avvocato, d'anima intemerata, ma più tenero dell'ordine,
1. PORCELLI, Storia della rivolta bresciana del 1849, p. 18.