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Il 21 di marzo 1848, omai certo della rivolta nazionale, col medico di Serle Pietro Marinoni scese armato il monte. Giunto a Rezzato, si mise col Longhena e col bresciano drappello appostante un convoglio militare (fatto quindi prigioniero, come ho narrato [1], o meglio ha per me raccontato l'egregio amico mio Giuseppe Zanardelli), e diessi ad appostare lungo la via, dond'era atteso l'inimico, la moltitudine sollevata delle prossime terre. E poichè seppe raccolta nell'incompiuto edifizio della Fonderia qualche restanza dell'austriaco fuggente, vegliò la notte, mettendo le scolte, ravvivando i fuochi, barricando la terra di Rezzato, e tagliando con largo fosso lo stradale di s. Eufemia.

Tre giorni appresso, con Asdrubale Gallinetti, Pietro Marinoni, due Galanti ed il Longhena, fu a Padenghe per ivi sorprendere sul cammino un corpo di fuggitivi del presidio di Cremona. Non erano i nostri che un pugno di cittadini, ma gagliardi. Fra la notte fatta più densa dai molti olivi che spalleggiano la via, s'appiattavano quegli animosi, teso l'orecchio e collo schioppo in resta, maledicendo talvolta i sibili del vento ed i fiotti del prossimo lago, perchè rompendo fragorosi alla riva, impedivano alle scolte lo intendere chi s'appressasse. Se non che procedendo silenziosi, vedevano tra fronda e fronda luccicare nel bujo l'oscillante luce di alcuni fuochi. Erano drappelletti d'ufficiali austriaci, che discesi dai cocchi, si riscaldavano. L'audace Gallinetti fu primo ad affrontarli; e poi che il Wimpfen colonnello aspramente chiedevagli che volesse, gl'intimava l'arresto. Rispose questi parlasse col generale; e mentre il Gallinetti vi si recava, surse tra il Wimpfen ed il curato (dicendosi il primo sotto l'egida di un patto già fermato coi Cremonesi,

1. Tomo X, pag. 209 e seg.



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