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rispondendo l'altro non trattairsi di Cremona, ma di Brescia) cotale ricambio di parole, che gli altri tutti a lui s'avvicinavano superbi e disdegnosi. All'invece un cappellano militare fu tutto dolce a' panni del curato per temperarne la fermezza, venire in somma ad una specie di transazione, la quale fu sì fatta, che o vivi o morti , - mi valgo della rude ma energica espressione del nostro Boifava, - dovevano deporre le armi [1] . Questo monte, additando1o continuava , è gremito d'insorti: a un nostro cenno scenderebbero furibondi a farvi in pezzi ed a gittarvi nel lago. Quando un Acerbi, medico di Padenghe, fu in mezzo ai nostri, e dichiarando agli Austriaci legalmente forniti del passo di via, tentava sciogliere la brigata del prete Boifava, talchè parecchi lo abbandonavano, più non restandogli che un pugno de' più risoluti. Noi dovemmo alle tenebre l'errore del convoglio nemico di crederli un migliajo. Per buona sorte allo spuntare dell'alba surse il lento rintocco d'una campanella. Era il suono dell' Avemaria , di lontano e romito santuario; quindi un rispondere delle prossime chiese, per cui tutte le silenti colline si riempivano della innocente ma dai Tedeschi paventata armonia. Che suonano ? chiese allora il cappellano al Boifava. Campana-martel1o, rispondeva, questi: guardi là, sul ciglio del colle, contro il cielo, quanti armati che attendono il segnale (ed erano gli sbandati dalle parole dell'Acerbi). In questo mentre un cavallo s'avanza di tutta carriera. È l'avv. Rogna, che sfoderata la spada, intimava gridando si rendessero tutti, od avrebbe agli insorti comandato il fuoco. Primo a deporre la propria fu il maresciallo Schö-