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comandante della rocca, le centotrentamila lire circa, che rimanevano a saldo della taglia enorme inflittaci, come fu detto, dal feroce Haynau. Le aveva il Leshke dimandate [1], e peggio, avea commessa l'imprudenza di richiamare a sè nel castello il piccolo presidio, lasciando la torbida città in balia di sè stessa. Proprio all'ora prescritta pel pubblico raduno, e mentre già di sotto agli atrj della Loggia formavansi brigate e capannelli, evidenti forieri della prossima burrasca, Francesco Canali, fornitore di sussistenze militari, portavasi a Palazzo per chiedere denaro in isconto di maggior somma che l'Erario gli doveva: ma le grida del popolo crescente L'avvertivano del tempo nero, e quatto quatto se n'andò. Non così un altro ch'era con lui: perchè gittato a terra, trascinato in piazza, l'avrebbe l'irata calca finito, se il prete Faustino Zolia non gliel'avesse pietosamente sottratto. Ignaro dell'avvenuto, scendeva intanto dalla rocca il capitano Poma.

Recatosi al Municipio, cercò a nome del Leshke l'ultima rata della multa d'Haynau. Quella dimanda fu scintilla avvivatrice di fiamma indarno trattenuta; e i consiglieri, cui dagli atrj sottoposti giugneva il cupo e lungo fremito della folla, sostavano tergiversando perchè avvisasse costui l'imminente scoppio della rivolta. Quand'eccoti furente irrompere ad un tratto tumultuando la plebe. Fu terribile scena. Con una di quelle sue giustizie speditive e risolute, che s'inframmettono

  1. PORCELLI, Op. Cit. p. 18. In quanto a quella multa, una metà, secondo il Cassola (260 mila lire), erasi pagata in cartelle dai nostri municipali; l'altra doveva darsi col 20; ma l'esazione appresso i cittadini non riusciva che per metà: la speranza della rivolta li tratteneva: e quelle 130 mila lire, che vennero pagate, il comandante avevale richieste unitamente al permesso di poter scendere alcuno de' suoi dal castello per attignere acqua di cui lassù nel castello pativa difetto.


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