pag. 174
tere venute da Codogno la lieta e credula novella d'una grande vittoria piemontese [1]".
Alle due pomeridiane ricominciarono le ostilità. Un tremendo rintocco a stormo delle nostre campane pareva rispondere ai colpi lontani delle artiglierie, le quali avvicinandosi alla città, si facevano sempre più rimbombanti e fragorose. Dall'altro canto un vivo ed ostinato conflitto, un moschettare fittissimo e tenace ai Ronchi, a s. Francesco di Paola, a Torrelunga si propagava, mentre il popolo correndo alle mura, ai terrapieni, alle barricate, rincalzavale qua e là, asserragliava le porte, perchè più salde bastassero all'arto ed alla rovina, appostava pattuglie agli sbocchi del castello, mentre che la gagliarda ed ostinata virtù di un branco di bersaglieri, fuor dalle nostre mura bastava contro duemila fanti, eletta e veterana gente. Così ebbe fine il giorno 26. Voi già siete a prova di bomba, sclamava il Comitato con motto popolare, poichè finora il bombardamento non eccitò che allegria cittadina [2]: e davvero i lumi apparsi alle finestre in sulla sera per ordine suo, parevano più a festa che a vigilanza.
La severa lezione di quel giorno ebbe appreso agli Anstriaci di che sapesse un pugno dei nostri; e nicchiati a s. Eufemia, aspettando soccorsi d'uomini e di cannoni, vegliavano muti e titubanti, sicchè il giorno appresso, inerti ed avviliti, non era chi osasse procedere di un palmo. Ma giunti nuovi rinforzi, passato il mezzodì, ricominciate le mosse, forte di quattromila uomini e di cinque o sei cannoni [3],