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chiuso, armistizio, non ci fu verso ch'e' volesse progredire quel viaggio. Retrocessero entrambi, e ne venne che le tristi novelle, benchè vere purtroppo, recate da Gorgonzola non furono credute [1] E perchè le nuove che lusingano i popoli aspiranti a libertà, si accolgono sempre a braccia aperte, una mal capitata lettera che a tratti decisivi riconfermava le sognate vittorie nostre, sollevava da un capo all'altro della città sì fatta esultanza, che guai chi ne l'avesse con un dubbio solo in quell'istante turbata. Nè quella lettera fu sola; ma bollettini a stampa, come fu detto, e Dio sa come, da chi, per qual fine impiastricciati, a vieppiù raffermarci nell'errore fatale, si divulgavano. Ed io dimanderò perchè gl'intercettati dispacci del Radetzki (28 marzo) diretti a Verona, in cui pure si annunciava l'abdicazione di Carlo Alberto e l'armistizio conchiuso [2], non venissero dal Comitato fra il popolo diffusi.
Il reduce da Gorgonzola portava seco, è vero, i patti dell'armistizio, ma non furono creduti, perchè avuti sulla via senza toccar Milano. Quasi tutte le altre notizie, benchè venute da fonti arcane e da sospette vie, collimavano in questa vittoria degli Italiani, e della corona da Carlo Alberto abdicata; ed era ben naturale che nello improvido silenzio di chi aveva un sacro dovere di romperlo ad ogni patto, venissero credute. Due lettere di Gabriele Camozzi avvertivano, gli è vero, non poter esso portarsi a Brescia; nulla per anco aver potuto fare in Bergamo, ed essersi a Lecco disciolto il battaglione dei bersaglieri lombardi che dallo Chranowski ci venivano destinati; ma non parola, non motto era in quelle di sconfitta piemontese.