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in nome dei generale Camozzi (29 marzo), diede l'ultinio tracollo, e parve al Comitato non doversi più dubitare di questa serie di fatti: - sconfitta piemontese, donde l'abdicazione di Carlo Alberto e un armistizio: - Sabaudi decaduti: - Chranowsky dittatore: - battaglia della Sesia: - vittoria dei nostri: - armistizio dimandato dai vinti [1]. - Tutto le peritanze del Comitato si volsero in certezza di un tradimento del re; e nell'ardore del preconcetto pensiero, all'imbrunire del 29 pubblicava un editto in cui, se debbe rimproverarsi l'avventatezza dell'accusa e degli asserti eventi, non è certo ad incolparne che l'impeto irresistibile di chi credendosi a tanto trascinato dalle supreme necessità della patria, proclamava una sentenza che dicevasi allora dall'esercito proclamata e dal Parlamento.

Ad ogni modo gravissima dimenticanza fu quella del Governo piemontese, di non aver procurato che qualche certa ed ufficiale notizia delle tocche sconfitte non si fosse recata in tempo alla lombarda insurrezione da lui stesso eccitata e mantenuta. Un solo, ma securo messo, avrebbe stornato l'eccidio di questa bella e generosa città, donde il giusto rimprovero di Gabriele Camozzi [2]. V'ha di più, che se credere dobbiamo alle pagine del Cassola, il 25, sapendo questi accampato in Parma il Lamarmora, spedivagli suoi nunci della rivolta cittadina e delle strettezze dei combattenti, cui rispondeva il generale: pensasse Brescia a sè: non una parola delle condizioni della guerra, non di pietà pei casi nostri [3].

  1. PORCELLI, p. 45.
  2. " Il Ministero attuale (1850), per quanto non risponsabile dei fatti dell'antecedente Ministero, ne ha per altro accettate le conseguenze, ed è suo obbligo, obbligo della nazione il ripararvi. Si ricordi inoltre... che non mandò alcun messo a Brescia per farle conoscere lo stato vero degli avvenimenti; ed intanto Brescia ingannata resisteva ed attirava sopra di sè l'incendio e la rovina ". CAMOZZI, OP. CIT. p. 9.
  3. CASSOLA, p. 68.

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