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Durava intanto sotto Brescia la pugna. Ricominciata sul mezzodì del trenta, i battaglioni del Nugent, ringagliarditi per soccorsi avuti da Peschiera e da Verona, s'avanzavano facendo prova di stendersi lungo le mura per congiungersi col presidio della rocca; se non che il fuoco ben nutrito e diretto dei nostri di Torrelunga obbligava gl'inimici a ripiegare sui Ronchi per isboccare con faticosi e lunghi aggiramenti alle spalle settentrionali del colle Cidneo. Ma d'altra parte le tedesche truppe, sbarazzate dei corpi franchi le circostanti pendici, ed obbligatili a raggrupparsi nei più deserti greppi delle prossime montagne, ripiombavano impetuose dinanzi a Torrettinga [1]. Due cannoni appostati sul rialto della villa Maffei le sostenevano; e mentre il castello fulminava spietatamente la porta dall'interna sua fronte, potè una parte di loro aggiugnersi al presidio. In quanto agli altri, la fermezza dei nostri cacciatori, saldi alle mura ed alle barricate, bastò fino al tramonto, ributtandoli a s. Francesco.

Fioccavano intanto al Comitato le solite novelle delle vittrici armi nostre; e così viva e sì mirabil fede pur vi prestava, che mandato al Nugent un medico militare. gl'intimava, secondo i patti che si tenevano già fermati in sul Ticino, di ritirarsi oltre L'Adige [2]!

" La notte dal 30 al 31 passò queta fra noi, non interrotta che dal grido all'erta delle nostre scolte, e dalle fucilate delle ronde notturne. Il campo nemico per quella vece era tutto in movimento. Il ferito generale aveva, sua stanza nel caffè Mancabelli: una compagnia di Croati stava in difesa delle artiglierie a Rebuffone; un'altra del reggimento Ceccopieri appostavasi nei piani rimpetto a Cantone Mombello, ed accampava, il restante a s. Francesco Paola ".

  1. CASSOLA, p. 67
  2. CORRENT1, p. 42.


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