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il quartiere di s. Urbano [1]. Ma non sazie ancora del nostro sannue le bramose canne, imponeva il maresciallo, che fra le tenebre della notte, forando le muraglie delle case e mettendole a ferro e fuoco, vendicassero i soldati, colle ardenti peci, le tocche perdite, non d'altro desideroso se non che n'andasse in cenere quanta città gli fosse dallo conquidere. Ondè che sotto la bassa e cupa volta di una notte annubilata e tempestosa, rompevano le vampe a largo cerchio d'intorno alla silente Brescia, ripercuotendo la sinistra loro luce sui truci volti dei Croati, che come demoni vi s'aggiravano intorno; e quelle fiamme tra i vortici di fumo esalanti il puzzo dei catrami e delle peci, infuocavano il crasso e morto aere, mentre i poveri cittadini, vegliando in armi, difendendo ed ospitando le fuggenti famigliuole, combattevano que' predoni, cui parevano gloriosi trofei poche pompe idrauliche, trascinate dai nostri a spegnere gl'incendj [2].
Era l'ultima notte della lombarda indipendenza, rischiarata dalle fiamme della lombarda Sagunto. Poi oltre il mezzo di quella notte fatale muti, pensosi, al pallido bagliore di poche faci entro al palazzo municipale s'adunavano i magistrati, e con altri cittadini, il Cassola ed il Contratti. In quell' istante solenne, mentre i culmini del palazzo ripercuo-